Nel mare di avvenimenti editoriali, spesso solo presunti, di questo 1986, appena archiviato, la rigogliosa fioritura di stampa “dossettiana” costituisce un caso da non ignorare.
Un articolo pubblicato su “Il Margine”.
L’anno dei “dossettiani”
articolo di Vincenzo Passserini pubblicato su “Il Margine”, 10, 1986.
Eppure da ogni parte innumerevoli correnti hanno opposto all’epopea del mondo moderno, il loro rifiuto più o meno radicale dei suoi ideali, delle sue forme, dei suoi ukase opponendogli un’altra speranza o la loro disperazione (E. Poulat, Chiesa contro borghesia)
Si ristampano le memorabili “lezioni” di Giuseppe Lazzati e, a pochi mesi dalla morte, se ne comincia a tratteggiare il profilo biografico.
Due nuove biografie anche per Giorgio La Pira (e se ne annuncia una terza ad opera di padre Ernesto Balducci) alla vigilia del decimo anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 novembre 1977.
Saggi e articoli anche su e di Giuseppe Dossetti nell’anno in cui questo grandissimo personaggio si riaffaccia in pubblico con interventi di una forza e autorevolezza più vive che mai.
Nel mare di avvenimenti editoriali, spesso solo presunti, di questo 1986, appena archiviato, la rigogliosa fioritura di stampa “dossettiana” costituisce un caso da non ignorare.
Una serie di circostanze spiegano, certamente, questa fioritura: la morte, appunto, di Lazzati (18 maggio); l’apertura del processo di beatificazione di La Pira (9 gennaio) e I’approssimarsi del decennale della scomparsa; il ritorno, atteso, di Dossetti in pubblico.
Ma bisogna anche dire che a 35 anni dallo scioglimento del gruppo politico-intellettuale che faceva capo a Dossetti e che aveva in La Pira e Lazzati le altre due punte di diamante (una quarta era Fanfani) quei protagonisti di primo piano della vicenda politica e religiosa del nostro dopoguerra continuano a seminare idee, riflessioni, inquietudini e a proporre chiavi interpretative, tanto lucide quanto profonde ed originali, dei tempi in cui viviamo.
Finito nel ’51 il dossettismo, non sono pero, ancor oggi, finiti i grandi dossettiani.
Troppo alto era il livello a cui essi avevano posto le grandi questioni della presenza dei cattolici nella vita pubblica del nostro paese perché i problemi (sia politici che teologici ed ecclesiali) da essi sollevati, le domande poste, le risposte tentate o indicate potessero perdere di rilevanza nel giro di pochi decenni.
Invece proprio alla distanza, come e di coloro che vedono prima e meglio degli altri, La Pira, Lazzati e Dossetti sono diventati rilevanti.
Si resta sempre impressionati e affascinati da questa loro superiore preveggenza costruita in anni ormai lontani nello studio severo, nella preghiera costante, nell’immersione totale nella parola di Dio e negli avvenimenti del mondo.
Una preveggenza che derivava loro non solo dall’altezza del livello cui essi avevano posto le questioni cruciali, ma anche dalla sua singolarità.
Essi, infatti, non potevano, e non possono, essere tanto facilmente collocati nel filone del progressismo cattolico pur essendo tutt’altro che conservatori.
I “dossettiani” vanno piuttosto classificati tra gli eredi migliori di quella cultura cattolica ottocentesca (che ha lontane e profonde radici) che univa tradizione ferrea e cambiamento radicale in una miscela dal colore indefinibile ma pur sempre esplosiva e, comunque, tutt’altro che facilmente neutralizzabile (dal tempo come dagli uomini).
All’altezza e singolarità del livello si univa poi, in essi, lo stretto connubio tra parola e vita: l’una illuminava e spiegava 1’altra com’è dei veri, grandi uomini e dei veri, grandi cristiani.
Niente di commemorative dunque, niente di nostalgico in questo prorompere di pubblicazioni “dossettiane”. Niente, invece, di più attuale per questo tempo e per alcuni decenni ancora.
GIUSEPPE LAZZATI
“Egli apparteneva a quella generazione che, giustamente, non si accontentava di una distaccata professionalità politica (che pure giudicava indispensabile) ma che esigeva da costoro anche una esemplare vita privata, preoccupato come egli era dell’educazione morale e civile del popolo” (Franco Monaco di Lazzati).
Testimonianze su Giuseppe Lazzati, introduzione di Francesco Cossiga e Giuseppe Dossetti, Milano, Associazione “Città dell’uomo”, 1986, 105 p., L. 7.500.
Il volume è introdotto da Leopoldo Elia, ex-presidente della Corte Costituzionale e vice-presidente dell‘associazione “Città del1’uomo” nata per iniziativa di Lazzati nell’autunno del 1985. Raccoglie interventi, discorsi, omelie, articoli di: Bausola, Bo, Corsini, De Mita, Dossetti, Grampa, Lugaro, Martini, Masina, Mattesini, Natta, Pizzolato, Poggialini, Rizzi, Santucci, Traniello, Valitutti.
In appendice due scritti molti belli di Lazzati: “Ricordi di un universitario politico suo malgrado”, discorso tenuto all’università belga di Lovanio nel 1981 e “Il vero scoglio della presenza cattolica”, articolo apparso su “Vita e Pensiero”, rivista dell’Università Cattolica di Milano, nel n. 10 del 1981.
Armando Oberti (a cura), Giuseppe Lazzati: vivere da laico. Appunti per una biografia e testimonianze, Roma, Editrice A.V.E., 1986, 504 p., L. 18.000.
Questo secondo e più consistente volume rende in gran pane superfluo (se si fa eccezione per i due citati, e importanti, scritti di Lazzati) quello sopra segnalato perché ne ripropone tutte le testimonianze e ne aggiunge molte altre. Piersandro Vanzan precede questa massa di testimonianze con un profilo biografico di Lazzati (pp. 11-89) che è il primo organico tentativo non solo di raccontarne la vita ma di interpretarla, di coglierne la lezione originale (“I1 mondo, la Chiesa e il Regno di Dio nella vita e opera di uno “starez” occidentale”). Chi vuol capire chi è stato quest’uomo trova nel libro una prima risposta adeguata.
Lazzati, Il Iaico, Roma, Editrice A.V.E., 1986, 61 p., L. 5.000.
Lazzati, La corporeità, Roma, Editrice A.V.E., 1986, 61 p., L. 5.000
I due volumetti inaugurano la collana (davvero indovinata) “I Quaderni di San Salvatore” che intende riproporre le riflessioni tenute da Lazzati presso 1’eremo San Salvatore di Erba nell’ambito di una serie di incontri rivolti ai giovani e svoltisi dal ’77 all’86. Riflessioni che assumono il carattere di un vero e proprio corso di formazione che tocca alcuni nodi centrali della vita dei cristiani. Profondità, chiarezza, semplicità caratterizzano i volumetti. Ne sono in preparazione altri due: La carità e La verità che saranno seguiti da: La virtù della prudenza, La cultura cristiana, L’amore, La presenza del fedele laico nel mondo”, Fede, ragione, storia. Una piccola, fondamentale enciclopedia rivolta soprattutto ai giovani.
Lazzati, La preghiera del cristiano, Roma, A.V.E., 1986, 114 p., L. 11.000.
“Lazzati non ha mai lasciato la sua preghiera più volte al giorno, anche nei giorni più travagliati della vita politica e parlamentare: sempre adempiendola non con scrupolo, ma con signorile riservatezza e amorosa fedeltà.” (Dossetti).
GIORGIO LA PIRA
“Si parlava di letteratura, di poesia, di politica. Da ragazzi, s’intende, quali eravamo. Quasimodo e i suoi compagni di classe avevano sedici anni; io ne avevo quattordici; il più piccolo era Giorgio La Pira, tredicenne. Leggevamo Dante, Platone, la Bibbia, Tommaso Moro e Tommaso Campanella, Erasmo da Rotterdam e gli scrittori russi (specialmente Dostoevskij); ma ci incantava anche Andrejev e Massimo Gorki (coi suoi romanzi “sociali”). Leggevamo Baudelaire, il primo Mallarmé e Verlaine che a poco a poco divennero i nostri numi” (S. Pugliati, cit. da Pasquale Maffeo nel suo Giorgio La Pira).
Vittorio Citterich, Un santo al Cremlino: Giorgio La Pira, Roma, Edizioni Paoline, 1986, 156 p., L. 16.000.
Lo storico e davvero straordinario viaggio in Russia che La Pira compì nel 1959, in piena guerra fredda, occupa metà di questo volume del popolare giornalista radiotelevisivo, già amico e collaboratore del “sindaco santo”.
La visita a Mosca, con tutti gli antecedenti e le aspre polemiche che la seguirono, è descritta con ricchezza di particolari da Citterich che fu accanto a La Pira in questo viaggio.
Una nota stonata nel racconto di Citterich: l’autore chiama ad un certo punto “sinedrio” il consesso delle massime cariche del Presidium sovietico riunite al Cremlino per parlare con La Pira, lasciando intuire un non felice parallelo con un altro sinedrio convocato per giudicare duemila anni fa un altro “santo”… Un po’ in ombra, inoltre, le durezze con cui La Pira dovette misurarsi in politica.
Precede il volume una presentazione di Lazzati e una cronologia della vita e dell’attività di La Pira scritta da Fioretta Mazzei, sua fedele collaboratrice e, a sua volta autrice di un bel libro di ricordi lapiriani, La Pira, cose viste e sentite (Libreria Editrice Fiorentina, 1980.
Pasquale Maffeo, Giorgio La Pira, Bologna, Edizioni Dehoniane, 1986, 251 p., L. 18.000.
L’editore ha ragione nel presentare il volume di Maffeo come “la prima biografia completa di Giorgio La Pira”. Non è ancora la biografia che vorremmo, ma certamente è la prima che possa definirsi tale.
E non meravigli il fatto che Maffeo non solo non abbia personalmente conosciuto La Pira, ma l’abbia scoperto, come lui stesso dice in apertura del volume, soltanto tre anni fa. Meglio così.
Le vere biografie non possono essere scritte con il cuore inondato di ricordi personali: la lontananza, nel tempo come nel ricordo, è purificante. Ciò non impedisce a Maffeo di aderire totalmente al personaggio La Pira, di prenderne visceralmente le parti. Tutto è molto documentato e ben descritto, a partire dall’infanzia e dalla giovinezza di La Pira, ricostruite attingendo a documenti inediti e alle testimonianze del fratello di Giorgio, Giovanni, tutt’ora vivente in Sicilia. Un po’ troppo letterario e, a volte, altisonante il linguaggio per noi che siamo abituati alle secchezze giornalistiche e televisive.
Accanto a questa prima, completa biografia di La Pira ricordiamo anche il bel lavoro di Domenico Bernabei e Paolo Giuntella Giorgio La Pira venditore di speranza pubblicato da Città Nuova nel 1985 (134 p., L. 8.000), libro che può costituire un ottimo avvio alla conoscenza di questo moderno “giullare di Dio”.
GIUSEPPE DOSSETTI
“…la mia ricerca, sin dal principio, si é mossa nell’orizzonte ecclesiale, ho cercato Dio nell’ambito della chiesa. La mia non è mai stata una ricerca privata, intesa come anelito individuale a Dio e neppure come aspirazione di un piccolo gruppo elitario più o meno separato, ma si è posta in sinu ecclesiae con immediatezza e totalità sino ad assumere come suo punto di partenza e come costante condizione del suo esito il rapporto di ubbidienza rigorosa a un vescovo e quindi il rapporto effettivo con l’intera sua chiesa” (G. Dossetti).
Giuseppe Dossetti, Con Dio e con la storia. Una vicenda di cristiano e di uomo, a cura di Angelina e Giuseppe Alberigo, Genova, Marietti, 1986, 180 p., L. 12.500.
Il 22 febbraio 1986 Dossetti riceve dalle mani del sindaco comunista di Bologna, Renzo Imbeni, l’Archiginnasio d’oro, massima riconoscenza municipale. L’avvenimento cade a trent’anni dallo storico scontro elettorale tra Dossetti, candidato della D.C., e Giuseppe Dozza, mitico sindaco P.C.I. di Bologna. Come interpretare il conferimento e l’accettazione del premio?
Le opinioni sono contrastanti. Dossetti pronuncia nell’occasione un deciso discorso che questo libro ripropone corredato di numerose e precise note a cura di Angelina e Giuseppe A1berigo. Il libro è, appunto, un vasto commento a quel discorso e ne chiarisce avvenimenti e personaggi citati.
Un manuale chiaro e documentato per cominciare a conoscere, o conoscere di più, il politico e poi il monaco Giuseppe Dossetti, e accostarsi alla magistrale e lucida lezione spirituale di questi suoi ultimi anni.
Giuseppe Dossetti, “Testimonianza di un monaco”, in “I1 Regno- Documenti », 1 novembre 1986.
Si tratta della relazione pronunciata a Sorrento nel settembre ’86 durante 1’annuale corso di aggiornamento culturale dell’Università Cattolica dedicato, questa volta, all’ “esperienza religiosa oggi”. In attesa che venga riproposta negli “Atti” del convegno (che, come sempre, saranno editi da Vita e Pensiero) la relazione di Dossetti viene ora pubblicata nella sua interezza dalla rivista “Il Regno” (via Nosadella, 6 – c.p. 568 – 40100 Bologna).
È il racconto lungo, profondo, duro, difficile, anche, della sua ricerca di Dio, Dossetti precisa: del “modo e i mezzi con cui sono stato da lui incessantemente ricercato”. Ricerca che ha il suo fulcro nel Cristo crocifisso, lontana, dunque, da mistiche orientaleggianti e disincarnate.
Dossetti tocca il cuore della sua esperienza e lo fa con abbondanti rimandi ai testi biblici e patristici: l’immersione nella chiesa, la compunzione, l’ascesi, l’obbedienza totale, la separazione dal mondo. E poi la centralità della Parola e dell’eucaristia.
Tutto un patrimonio che un malinteso spirito post-conciliare aveva accantonato è da Dossetti integralmente, e con forza e assoluta convinzione, riproposto come in logica sintonia con un’autentica interpretazione del Vaticano II e, soprattutto, con l’essenza stessa dell’essere cristiani.
Giuseppe Dossetti, Introduzione a Luciano Gherardi, Le querce di Monte Sole: vita e morte delle comunità martiri fra Setta e Reno. 1898-1944, Bologna, Il Mulino, 1986, LXVII, 331 p., lire 35.000.
Dossetti introduce con un vero e proprio saggio (di 67 pagine) ricchissimo di note, citazioni e riferimenti bibliografici il bel volume di Luciano Gherardi dedicato alla vita delle comunità “che vissero e morirono tra Setta e Reno”, nel territorio dei Comuni di Marzabotto, Grizzana, Monzuno e Vado, luoghi tristemente noti per le efferate stragi delle SS.
Nel settembre del 1985 la Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità monastica fondata da Dossetti, riceveva dall’arcivescovo di Bologna 1’incarico di aprire a Monte Sole, nel territorio che conserva la memoria di tanti spaventosi crimini, un luogo di preghiera e costante presenza in rappresentanza dell’intera chiesa bolognese.
C’è dunque un concreto aggancio tra questo importantissimo saggio di Dossetti e la sua esperienza monastica.
Ci sarà spazio in un prossimo numero del “Margine” per una vera recensione di questo libro e del saggio che lo precede e che costituisce un lucido tentativo di rispondere ad alcune domande decisive che la coscienza di ogni uomo e, in particolare, del credente (ebreo e, soprattutto, cristiano) è stata costretta a porsi, come mai in precedenza, dopo Auschwitz: qual è stata la causa di tanti spaventosi crimini? E Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe dov’era? Domande terribili.
Dossetti affronta la prima attingendo a tutta la miglior produzione storica sullo sterminio degli ebrei e alla sua conoscenza della filosofia del diritto e della religione brahamanica giungendo alla conclusione che quei crimini furono dei veri e propri “delitti di casta”, frutto di una concezione filosofica in base alla quale alcuni uomini incarnano lo Spirito obiettivo della collettività mentre altri ne sono totalmente privi, simili ad animali e pertanto trattabili come animali.
Alla seconda e più tremenda domanda, Dossetti cerca di rispondere attingendo tanto alla sapienza ebraica (Elie Wiesel, in particolare) quanto alla teologia della croce e contestando ogni teologia ottimistica (da quelle della liberazione alla stessa seconda parte della “Gaudium et Spes”).
Infine Dossetti indica sei orientamenti pratici per i cristiani “dopo Auschwitz” e perché Auschwitz, e Monte Sole, non stiano stati vani.
Li indichiamo sommariamente: ricordare, conservare una lucida memoria storica; ricordare comunitariamente, ecclesialmente; conservare una coscienza vigile, capace di opporsi subito a ogni “sistema di male”; purificare il patrimonio culturale e religioso dagli elementi che possano favorire “anche solo in maniera indiretta ritorni materialistici o idealistici capaci di alimentare miti classisti, nazionalisti, razzisti, ecc”; nutrire sempre di più la fede con la Parola di Dio e l’Eucaristia in modo da acquisire anche per la vita pratica (personale e politica) quegli “abiti virtuosi” per pensare correttamente non tanto i contenuti delle scelte, ma ancor più i criteri e lo stile evangelico delle scelte stesse”; infine, non inseguire l’ “assordante fragore che ora impera” ma cercare il silenzio per essere capaci di capire veramente e scegliere giustamente.
Giuseppe Dossetti, Introduzione a Genesi, a cura di Umberto Neri, Torino, Gribaudi, 1986, 662 p., L. 90.000.
È i1 primo volume della collana “Biblia. I libri della Bibbia interpretati dalla grande tradizione”. Ogni versetto biblico è accompagnato dalla lettura che ne hanno fatto i Padri della Chiesa e i grandi moderni.
Ne vien fuori un’opera imponente che il confratello di Dossetti, don Umberto Neri, ha curato con la sua ben nota sapienza.
La lettura anti-accademica della Bibbia e il continuo rifarsi al magistero della Chiesa e all’interpretazi0ne dei Padri costituiscono uno dei fondamenti che sorreggono la comunità monastica fondata da Dossetti. Il quale, nella lunga introduzione, illustra ancora una volta con estrema chiarezza quale deve essere il modo corretto di accostarsi alla Bibbia. E si rifà, in questo, al magistero illuminato di Roncalli.
Durissime le critiche di Dossetti alle letture psicologiche e sociologiche del testo biblico e al modo in cui la Parola, spesso, trova oggi spazio nella celebrazione eucaristica.
Pagine importantissime quelle di Dossetti e premesse ad un volume che costituisce un vero avvenimento editoriale nel campo degli studi biblici.
Mario Tesini, Oltre la città rossa. L’alternativa mancata di Dossetti a Bologna (1956-1958), Bologna, Il Mulino, 1986, 276 p., L. 20.000.
Dossetti si ritira dalla politica nel 1951, ma nel ’56 accetta di capeggiare la lista D.C. alle elezioni comunali di Bologna. Questo ritorno fa scalpore anche perché Bologna é la maggior città comunista dell’Europa occidentale ed e guidata da Giuseppe Dozza, sindaco popolarissimo.
Lo scontro elettorale tra questi due grandi personaggi assume così i toni di una sfida storica.
Dossetti perde la battaglia, ma le idee innovative contenute nel suo programma (il famoso “libro bianco” frutto del lavoro di un gruppo di giovani studiosi, tra cui Achille Ardigò, e del confronto aperto, e inusitato, con tutte le espressioni della realtà locale) saranno di fatto vincenti e diventeranno un obbligato punto di riferimento a livello nazionale.
Il libro di Tesini (a tratti davvero avvincente) ricostruisce la genesi della clamorosa candidatura di Dossetti, il quadro nazionale e internazionale che faceva da sfondo alla grande sfida elettorale bolognese, i modi e i protagonisti di quella sfida, l’esito del voto.
Meno spazio occupano, invece, i venti mesi di Dossetti in consiglio comunale come guida dell’opposizione.
Una concezione della città come “consorzio” (“Io cerco un consorzio, al di là delle mie idee, al di là della mia cultura, con tutti, ma particolarmente con coloro che, rattristati dall’ingiustizia, hanno bisogno di uno che viva e soffra con loro”) e la conseguente adozione di uno stile diverso (fatto tanto di fermezza quanto di rispetto) nel condurre le battaglie politico-amministrative restano tra le più preziose eredità di quella lontana esperienza dossettiana.
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Vorrei infine ricordare il bell’articolo di Paolo Bettiolo “Dossetti: la stagione della parola”, apparso su “Il Regno-Attualità” del 15 novembre 1986 e che costituisce un approfondito bilancio e tentativo di interpretazione di questo eccezionale anno dossettiano.