La attuale gravissima crisi politica, istituzionale e morale italiana è il punto d’arrivo di un sistema politico nato e sviluppatosi in particolari condizioni storiche, che hanno prodotto la completa identificazione tra democrazia e sistema dei partiti. Ne è conseguita l’occupazione, in nome della democrazia progressiva, delle istituzioni e della società civile da parte degli stessi partiti, in un regime di non responsabilità garantito da una condizione assolutamente eccezionale: l’assenza di alternanza all’interno di un quadro consociativo.
La vicenda politica e i suoi protagonisti si sono così sottratti per decenni ai fondamentali meccanismi di controllo propri dei sistemi politici democratici.
Questo sistema, espressione nel dopoguerra delle liberta riconquistate, è diventato oggi una cappa soffocante per le fondamentali libertà dei cittadini. È in atto al suo interno una combinazione di spinte antidemocratiche provenienti da oligarchie partitiche, da presenze crescenti di economia illegale e, in forme più brutali, dai poteri occulti e criminali mafiosi che assaltano pressoché indisturbati lo Stato di diritto.
Questa combinazione è tanto più pericolosa quanto più essa può contare su un’informazione in grandissima parte infeudata al potere politico e su una ricorrente subordinazione della giustizia agli equilibri di potere, con danni gravissimi per la sostanza e le stesse forme della democrazia (referendum, libertà di opinione) e con rischi concreti di una sua trasformazione in vero e proprio “regime della corruzione” passando per i consecutivi gradini di un’unica scala di sopraffazione (dalla tangente alle lobbies illegali al dominio mafioso).
Di fronte a questo sentiamo tutto il diritto e tutto il dovere di affermare che la persona umana e i valori della libertà e dell’onestà devono essere al centro della politica; e che una politica che uccide o lascia uccidere, che ruba o lascia rubare, che modifica il consenso, che disprezza il limite impostole dai valori, dai diritti e dalle risorse, che dissemina il pianeta di dittature o le arma in nome di interessi economici o di “campo”, non è una politica compatibile con l’idea di democrazia.
È questa una convinzione condivisa da istanze largamente diffuse nel corpo sociale del paese: in parte ancora inespresse, in parte già espresse da anni e con consapevolezza crescente da una fitta “rete” nazionale di comunità e associazioni, culturali, editoriali, ambientaliste e di volontariato, caratterizzatesi per avere posto al centro della propria riflessione e del proprio impegno i temi della persona e dell’etica pubblica, il rapporto uomo-ambiente e il rapporto società civile-partiti-istituzioni.
Tali esperienze si sono gradualmente incontrate o riconosciute su strade diverse nella fondamentale consapevolezza che la questione criminale, i grandi delitti politico-mafiosi e la loro assoluta impunità non sono una piaga dolorosa ma lo specchio più vero e preoccupante della natura e della crisi della democrazia italiana; e proprio a partire da questa consapevolezza esse hanno via via trasformato modi di pensare o linguaggio sui diritti e sulle regole, sulla politica e sull’economia, sullo Stato e sui valori.
In questo orizzonte si è collocata la primavera palermitana, che in tal senso si è posta al tempo stesso come parte e seme di una più generale – e possibile – primavera italiana.
Questa complessiva situazione si realizza nel contesto di rapporti internazionali profondamente mutati, che pongono all’ordine del giorno in tutta Europa il tema storico della democrazia e che non giustificano più alcuna impunità politica in nome della vera o presunta difesa dal nemico esterno. E si realizza nel quadro di un mutamento culturale che porta milioni di cittadini italiani ad avvertire in profondità i limiti non più tollerabili imposti a ciascuno dal sistema delle appartenenze partitiche e la decadenza dei tradizionali schemi di divisione tra conservatori e progressisti; oltre a produrre – a dispetto del crescente benessere materiale – un profondo e sofferto “bisogno di senso” in milioni di giovani, che lo manifestano da tempo nella scuola e nelle università.
Ciò rende possibile e doverosa la ricerca di nuove strade lungo le quali mobilitare con mutate prospettive le energie positive esistenti, finalmente libere da vincoli di ideologie o dal senso di colpa per 1’accusa di qualunquismo rivolta con sistematica arroganza dai partiti verso ogni manifestazione di dissenso.
Da qui la scelta di fondare un nuovo movimento politico, in grado di dar voce e interpretare le istanze più vive della società civile.
Esso si propone soprattutto tre compiti:
1) di lievito culturale: diffondere sistematicamente informazioni, idee e valori per promuovere la conoscenza e la discussione dei problemi del paese; ponendosi l’obiettivo di informare le coscienze e il senso comune al primato della ragione etica sulla ragione politica e alla universalità della democrazia;
2) di sintesi politica: unificare attraverso specifiche campagne e iniziative le istanze di rinnovamento che si affermano sui piani della liberta, della solidarietà, della giustizia, dell’informazione, dell’ambiente e della pace;
3) di rappresentanza istituzionale: offrire a tali istanze l’opportunità di una rappresentanza – diretta e senza mediazioni – dentro le istituzioni, ai diversi livelli di articolazione territoriale.
Naturalmente, dati i presupposti della sua identità (gratuità dell’impegno politico, onestà; rifiuto delle logiche partitocratiche), il movimento sceglierà di presentarsi solo la dove ne ricorrano le condizioni di coerenza con i suoi obiettivi, in termini di idealità e di storie personali.
Tale movimento non si identifica nella “rete” di esperienze associative su ricordate, ma si pone rispetto a essa in un rapporto di reciproca autonomia. Raccoglie invece – a titolo personale e non in rappresentanza di organizzazioni, sigle o componenti – cittadini di diversa formazione e identità, disposti a percorrere insieme un pezzo di strada sulla base di rapporti di reciproca fiducia e su un piano di assoluto rispetto per i tratti non condivisi delle proprie complessive identità culturali.
L’atto di adesione ad esso implica l’assunzione di un impegno personale attraverso una firma e una sottoscrizione, comporta il rifiuto di ogni logica o pratica correntizia e non viene sancito da alcuna tessera di iscrizione. Possono bensì aderire cittadini iscritti ai differenti partiti, che non vi svolgano funzioni di direzione e che si impegnino sulle scelte e sugli obiettivi del movimento al di fuori di ogni logica di schieramento.
Il movimento si propone come esperienza valida per il tempo necessario alla risoluzione della gravissima crisi politica, istituzionale e morale che pesa sul futuro del paese. Durante questo periodo esso sarà unificato dall’intento di dare forza e rappresentanza ai valori e ai bisogni della vita quotidiana, ossia a quelli vitali e normali per ogni persona, famiglia e comunità di sicurezza, di certezza del diritto, di convivenza civile, di responsabilità, di un ambiente a misura d’uomo, di libertà economica e politica, di memoria storica.
È in nome di questi valori e bisogni che rivolgiamo ai cittadini desiderosi di un’Italia più libera, pulita e democratica l’invito ad aderire e a sostenere questo movimento, e a dar vita alla sua fase costituente, impegnandoci da parte nostra a dedicargli la stessa determinazione e lo stesso entusiasmo con i quali ci siamo battuti negli anni passati per i comuni ideali di verità e giustizia.
Roma, 24 gennaio 1991
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