Di fronte all’immensa tragedia dei profughi, che marchia a fuoco come nessun’altra il nostro tempo, in molti sono tentati da una grande illusione: chiamarsene fuori. Ma se c’è una verità inconfutabile che queste gigantesche fughe di popoli ci stanno dicendo è che la pazienza dei disperati e dei poveri è finita.
Dagli scogli di Ventimiglia al passo del Brennero, dagli orrendi naufragi di Lampedusa ai tir di Patrasso sotto i quali si legano i giovani afghani, dall’assalto a tutti i muri costruiti a quello inevitabile che attende tutti quelli in costruzione, dalla frontiere sanguinose del Messico a quelle del Marocco, dalle prigioni disumane in Libia agli immensi campi profughi di siriani e afghani nel minuscolo Libano, dalle disperate navi di fuggiaschi dal Myanmar, che nessuno vuole, ai centomila nuovi fuggiaschi dal Burundi, che nessuno vuole, dalla caldissima frontiera del Sudafrica, che zimbabweani e nigeriani cercano di perforare andando incontro ad assalti xenofobi, alle migliaia di colombiani in fuga cercando un briciolo di pace, ecco, da tutti questi e tanti altri luoghi dolenti di questo mondo si alza un unico grido: vogliamo vivere anche noi, anche noi come voi!
Vogliamo anche noi un po’ di pace e di benessere, come voi!
Anche noi vogliamo una casa!
Anche noi vogliamo che gli anni che abbiamo da vivere siano un po’ umani.
Non vogliamo rassegnarci a morire come topi: non ci fermerete, non resteremo qui in queste fogne.
Verremo a disturbare i vostri sonni, vivi o morti.
Insultateci, disprezzateci, rifiutateci, fate muri, sparate, rispeditici indietro: non ci fermerete.
Torneremo, riproveremo, scavalcheremo, dovrete fare i conti col nostro diritto a vivere.
Non vi lasceremo in pace.
Questa vostra pace che si nutre delle guerre che a noi hanno tolto tutto, guerre alimentate dalle vostre armi che vi rendono ricchi e potenti. Ma voi non vi vergognate di venderle ai dittatori e ai signori della guerra che ci ammazzano, distruggono le nostre case e le nostre famiglie, e ci fanno scappare.
Questa vostra pace che si nutre della nostra povertà: ma voi non vi vergognate di commerciare, fare affari, muovere miliardi di euro e di dollari anche clandestini con chi opprime i nostri Paesi, con chi finanzia le guerre che in Siria o in Africa ci ammazzano e ci spogliano di tutto.
La vostra impunità è finita, cari ricchi e cari occidentali.
La nostra pazienza è finita.
Verremo a casa vostra a chiedervi conto delle vostre malefatte, delle vostre ipocrisie.
Non staremo qui a morire.
Non vi lasceremo in pace.
Verremo a sporcare con i nostri stracci i marciapiedi delle vostre belle città, dove si alzano luminosi i nuovi grattacieli comprati dai nostri dittatori e signori della guerra. Loro, padroni nostri e padroni vostri. Tutti voi servi del dio denaro, il vero signore e padrone di tutti.
Per troppi anni abbiamo sopportato, abbiamo taciuto. Ci siamo accontentati della vostra carità e della vostra commiserazione. Noi, vittime, dovevamo anche ringraziarvi.
Adesso basta. Vi illudete se pensate di fermarci.
O cambiate e cambiate il mondo, altrimenti continueremo a tormentarvi. Non vi lasceremo più nella vostra ipocrita pace, fondata sulla nostra disperazione. Non soffriremo più in silenzio.
E questo è solo l’inizio. Cambiate, finché siete in tempo. Non illudetevi. Non contate sui vostri patetici muri, i vostri ridicoli insulti.
Noi siamo leggeri come l’aria, che non si può fermare.
Leggeri, perché privati di tutto, anche della paura della morte.
Voi, pieni di tutto, anche della paura, prigionieri di tutte le paure.
Capite bene di chi è il futuro. Cambiate finché siete in tempo.
Non ci fermeremo. Non ci fermerete.
Pubblicato su «Unimondo.org» il 20 giugno 2015