La protesta degli afghani

La situazione del gruppo di profughi che ieri sono tornati a protestare a Bolzano è indegna di un Paese civile come l’Italia e di una terra civile e accogliente come il Sudtirolo. Dura da mesi, questa situazione, e le soluzioni finora trovate sono del tutto parziali e non corrispondono a quella dignità di trattamento che si deve dare a ogni essere umano, specialmente a chi è stato costretto dalla guerra e dalla povertà a lasciare il proprio Paese. Inutile piangere i morti delle guerre e fare tante chiacchiere sulla pace se si trattano male le vittime viventi di quelle guerre.

Ci sono anche le norme del diritto internazionale che tutelano i profughi e queste norme, che si stanno violando nella più totale impunità, sono state sottoscritte, in attuazione della Costituzione, dalla Repubblica italiana che in Alto Adige-Südtirol è rappresentata dallo Stato, dalla Provincia autonoma, dal Comune.

 

Non potete fingere che non esistano

 

Lo scaricabarile cui stiamo assistendo tra Stato e Provincia è indecente e perdura perché questi profughi non hanno una corporazione che li difenda (ma c’è un giudice a Berlino per questi profughi?).

Stato, Provincia, Comune devono decidere: o queste persone hanno diritto all’accoglienza, così come previsto dalle leggi internazionali sottoscritte dall’Italia, oppure vengano rimandate nei loro Paesi.

Si abbia l’onestà e il coraggio di decidere, perché lasciare dei profughi in queste condizioni è immorale e illegale.

Siccome le leggi prevedono che in attesa di una decisione sul riconoscimento o no dello status di rifugiato da parte delle commissioni competenti il profugo ha diritto a essere accolto dignitosamente, o le commissioni decidono (cosa che chiedono con la loro protesta i profughi di fronte ai tempi lunghissimi che devono subire) oppure li si accolga dignitosamente.

Non c’è una terza via, non è ammissibile la penosa recita di fingere che non esistano.

 

In Afghanistan si continua a morire

 

Rimandateli a casa, allora. Abbiate l’onestà morale e politica di rimandarli in Afghanistan dove, come ricordava proprio venerdì 29 luglio il quotidiano britannico «The Guardian» citando un rapporto Onu, la guerra si sta aggravando.

Dove il governo, sostenuto dalle forze occidentali, in questi mesi ha perso terreno e ora controlla il 65,6% dei distretti del Paese contro il 70,5 del gennaio di quest’anno. Dove la maggior parte dei soldi (il 60%) destinati dagli Stati Uniti alla ricostruzione sono usati invece per le forze armate.

Dove in queste condizioni, il numero di afghani profughi che ha chiesto di ritornare nel Paese è precipitato dai 33.555 dei primi cinque mesi del 2015, ai 6.298 dello stesso periodo di quest’anno.

Abbiate il coraggio di rimandarli in Afghanistan dove, secondo un altro rapporto Onu reso noto dall’«Osservatore Romano» martedì 26 luglio, il numero delle vittime civili della guerra ha raggiunto un tragico record dal 2009: 1.601 morti e 3.565 feriti nei soli primi sei mesi di quest’anno.

E i bambini uccisi sono 388. Una strage di innocenti che la nostra perduta umanità non sa più vedere e per la quale non sa più commuoversi. Tanto meno muoversi.

 

219 mila posti letto per i turisti e per questi 100 profughi nulla?

 

O avete il coraggio – Stato, Provincia, Comune – di rimandarli indietro questi profughi, oppure accoglieteli come si devono accogliere dei profughi, mettendo le organizzazioni a ciò deputate nelle condizioni di farlo come va fatto.

Una terra come l’Alto Adige/Südtirol che ha 10 mila esercizi ricettivi per i turisti, 219 mila posti letto e registra in un anno 5 milioni di arrivi e 28 milioni di presenze non può dire di non essere in grado di dare una ospitalità dignitosa a questi cento esseri umani che hanno perso tutto.

Se si è in grado di accogliere al meglio milioni di persone che fuggono dal caldo e non si è in grado di accogliere al meglio alcune decine di persone in fuga dalla guerra, e che si portano dentro indicibili storie di lutti e di violenze, allora questa nostra società vale proprio poco.

 

Pubblicato sul quotidiano «Alto Adige» il 31 luglio 2016