C’è tutta la solitudine delle vittime nell’immagine di Omran Daqneesh, il bimbo di cinque anni salvato da un bombardamento ad Aleppo e seduto in un’ambulanza, il volto coperto di sangue e polvere, lo sguardo immobile.
È la solitudine del più indifeso degli esseri umani, il bambino, di fronte a qualcosa che può solo subire e non capire.
L’immagine suscita potenti emozioni, come quella del piccolo profugo Aylan, trovato morto un anno fa su una spiaggia della Turchia.
Ma le emozioni svaniscono in fretta, la solitudine resta. Aylan è dimenticato, i profughi mal sopportati o respinti. Perfino criminalizzati, perché il nostro mondo così perverso è capace di trasformare le vittime in carnefici, pur di salvare la propria coscienza o cercare di prendere un po’ di voti. Chiamatela, se volete, civiltà.
La solitudine di Omran è quella di tutte le vittime innocenti di questa guerra in Siria, di questa sporca guerra: 250 mila civili uccisi, 7 milioni e mezzo di sfollati, 4 milioni e 900 mila profughi su una popolazione di 23 milioni di abitanti.
La sporca guerra di Siria. Una guerra che non è una lotta tra il bene e il male. È uno scontro tra un regime sanguinario e dei ribelli altrettanto sanguinari. Il regime è sostenuto dai russi e dagli iraniani, i ribelli dagli americani (con i loro alleati europei), dai sauditi e dai turchi.
Tra i ribelli ci sono i sanguinari jiadisti del Califfato e quelli vicini ad Al-Qaeda. Ma ci sono anche gli oppositori del regime di Assad, un regime non solo sciita in un Paese a maggioranza sunnita, ma un regime sanguinario.
È di questi giorni la denuncia di Amnesty International che negli ultimi cinque anni nelle carceri di Assad sono morti 17.723 detenuti. Uno sterminio. E altre migliaia torturati e costretti a vivere in condizioni disumane.
Un orrore che già nel dicembre scorso era stato in gran parte denunciato da Human Rights Watch, un’altra autorevole organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, che aveva documentato la denuncia con migliaia di immagini scattate da un fotografo poi fuggito in Francia (la denuncia era uscita su «Le Monde» del 16 dicembre 2015).
Ogni opposizione, ogni manifestazione di dissenso, ogni denuncia di questi crimini viene fatta passare dal regime come terrorismo.
I jiadisti, più si sono opposti ad Assad e più lo hanno rafforzato. Senza il Califfato, apparso nel 2014, Assad sarebbe già finito. Il suo regime passerà alla storia come uno dei più repressivi e terroristici di questi decenni, insieme alle repressioni e al terrorismo del Califfato, sanguinario come pochi altri, e però sostenuto al suo nascere da americani, turchi e sauditi che speravano riuscisse a far fuori Assad, visto che loro non ci riuscivano.
La sporca guerra di Siria.
Di fatto uno scontro tra Russia e Stati Uniti per il controllo dell’area, per contrastarsi reciprocamente nella volontà di egemonia in quella regione così strategica per le risorse energetiche e i crocevia geopolitici, appoggiandosi la prima ai regimi sciiti, i secondi a quelli sunniti.
Quali siano i peggiori tra questi regimi è difficile dirlo: forse che l’Arabia Saudita non è un regime repressivo ispirato a un oppressivo fondamentalismo islamico? Ma è un governo amico, perché ricco, molto ricco.
Le sorti della guerra sono nelle mani di russi e americani.
Ma qui in Europa invece di denunciare questa loro responsabilità, e questa nostra responsabilità (tutti sono armati dall’Occidente o dai russi), si preferisce emozionarsi per un po’ di fronte alla foto di una innocente vittima, si preferisce parlare genericamente di orrore per questa guerra, quasi essa non avesse né padri né madri, cimentarsi in pezzi di alta letteratura su questi poveri bimbi che invece sono il simbolo di migliaia di bimbi ammazzati e mai degnati né di una foto né di una parola né di un rimpianto. Né di una denuncia che chiami i responsabili con il loro nome e cognome.
Lo stesso sta avvenendo in Yemen, guerra altrettanto sporca di cui meno si parla, dove gli ospedali di Medici Senza Frontiere sono stati più volte bombardati dagli aerei dei sauditi, armati dagli americani, dagli inglesi e dagli italiani.
Mentre a terra il fronte sciita, sostenuto da Russia e Iran, fa la sua parte, la sua sporca parte.
Solitudine delle vittime, mentre in nome della guerra all’Isis, al cosiddetto Califfato, strumentalizzata dai vari fronti che si stanno combattendo, si compiono i peggiori misfatti. Si bombardano ospedali e scuole, si bandisce l’opposizione, si riempiono le carceri e si ammazzano i carcerati. Mai terrorismo fu più abilmente utilizzato per una guerra di potenze.
Solitudine delle vittime, mentre si fa il tifo per la Russia o per gli Stati Uniti, come ai tempi della guerra fredda (solo che a sostenere Putin, figlio del Kgb, sono spesso gli anticomunisti di una volta), si scatenano guerre mediatiche contro i profughi, contro le vittime di questa sporca guerra, e di tutte le altre sporche guerre di questo tempo.
Le guerre mediatiche e politiche dovrebbero essere fatte contro i responsabili delle guerre. Contro coloro che li armano. Contro coloro che li appoggiano. No, si fanno alle vittime. Miseria della nostra civiltà.
L’immagine del piccolo Omran è solo un muto grido che denuncia con la sua solitudine quella di tutte le vittime di queste sporche guerre.
Pubblicato sul quotidiano «l’Adige» il 20 agosto 2016