Soffia dall’Est un vento neonazista. Porta un veleno che mescola odio per lo straniero, razzismo, antisemitismo, nazionalismo, i quattro funesti ingredienti che hanno ucciso mezze democrazie europee del Novecento e milioni di esseri umani. Vi ha aggiunto l’odio per l’Islam.
È in questo contesto che il 24 febbraio ricorderemo il 73° anniversario della morte di Josef Mayr-Nusser, un giovane padre di famiglia sudtirolese che ebbe il coraggio, in un mondo ammutolito, di proclamare forte il suo rifiutodi giurare fedeltà a Hitler,pagando con la vita la sua ribellione.
Da poco meno di un anno le sue spoglie hanno trovato degna dimora nel duomo di Bolzano, perché la Chiesa l’ha riconosciuto come testimone esemplare del Vangelo e l’ha fatto beato.
Ma Josef Mayr-Nusser è anche un esemplare eroe civile e resistente politico, ed è tempo che la sua storia, tanto semplice quanto straordinaria, diventi patrimonio di tutti. Soprattutto in questo momento, con ilvento neonazista che soffia dall’Est e avvelena l’intera Europa.
Dalla Polonia all’Ungheria, dalla Bulgaria all’Ucraina, dalla Lituania alla Croazia è tutto uno sminuire colpe e un riabilitare “eroi” nazionali corresponsabili dello sterminio degli ebrei (ne ha fatto un inquietante resoconto Piergiorgio Pascali su “Avvenire” del 17 febbraio).
Si celebrano i collaborazionisti della Shoah in nome della patria, si rispolverano idee razziste e antisemite, si semina a piene mani l’odio per gli stranieri e i profughi, si esalta un cristianesimo nazionalista e nemico dell’Islam.
Quel vento velenoso è arrivato ai nostri confini, ha già contagiato un pezzo di Austria e vi si è insediato al governo, col vicepresidente Heinz Christian Strache e, tra gli altri, col ministro dei trasporti Norbert Hofer, risuscitato dopo aver perso le presidenziali.
Alla fine di gennaio è scoppiato in Austria il caso delle associazioni studentesche filonaziste che diffondono libri che inneggiano al genocidio degli ebrei e che annoverano tra gli affiliati molti politici austriaci.
Strache è andato a una loro festa mentre fuori protestavano 10.000 persone. C’è anche un’altra Austria, per fortuna, guidata dal presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen.
Josef Mayr-Nusser era un sudtirolese doc.
La sua famiglia viveva nel Nusserhof, un antico maso di viticoltori ai Piani di Bolzano. Solida fede cristiana, tradizioni, lavoro. Vita semplice e chiara.
Nato nel 1910, terzo di sei figli, il padre morì sul fronte italiano nella prima guerra mondiale e la madre portò avanti la famiglia.
Josef, un giovanottone grande e grosso e di poche parole, era contabile e lavorò presso le ditte Eccel e Amonn. Aveva una profonda fede religiosa, era appassionato di problemi sociali e di astronomia. Venerava Andreas Hofer, l’eroe tirolese indipendentista. Aiutava i poveri. Leggeva Tommaso d’Aquino, Romano Guardini, Tommaso Moro.
Divenne presidente dei giovani di Azione Cattolica dell’area tedesca della diocesi di Trento. Bolzano apparteneva alla diocesi tridentina, più aperta di quella di Bressanone e con più voci antifasciste e antinaziste, come quella del vescovo ausiliare Montalbetti, poi mandato via, e di don Josef Ferrari, assistente dell’Azione Cattolica, guida e amico di Mayr-Nusser.
Quest’ultimo, con i suoi giovani, mentre coltivava la lettura assidua della Bibbia e un cristianesimo non di facciata, come amava ripetere, si informava sul nazionalsocialismo e leggeva in gruppo per confutarlo duramente il Mein Kampf di Hitler.
Il 15 luglio del 1938 mentre tutti i giornali pubblicano il “Manifesto della Razza”, tiene una relazione al direttivo dei giovani dell’Azione Cattolica in cui critica la politica del “sangue e suolo” e l’esaltazione della “comunità etnica”, e invita i suoi a un lavoro di formazione delle coscienze, che non tiene conto del numero, che mira a far crescere persone libere, con pazienza e in profondità, che sa che la lotta è difficile, ma anche che “la vittoria finale sarà nostra”.
In altri discorsi e scritti critica il culto idolatrico dei leader, critica Hitler che sta ammaliando i sudtirolesi, critica l’occupante italiano e fascista del Sudtirolo tedesco, afferma ripetutamente la necessità di testimoniare il Vangelo con la vita, più che con le parole e i grandi congressi.
Il contabile della ditta Amonn ha una lucidità e un coraggio che gli intellettuali e i vescovi si sognano. Si è formato una coscienza consapevole e libera.
Nel 1939 opta per restare in Sudtirolo e non segue la maggioranza che sceglie la Germania di Hitler.
Arriva il matrimonio con Hildegard e il 1° agosto del ’43 nasce il figlio Albert.
Ma nell’autunno del ’44 viene illegalmente arruolato con altri sudtirolesi nelle SS. Il gruppo viene trasferito a Konitz (oggi in Polonia) per l’addestramento e l’indottrinamento.
Il 4 ottobre, mentre il sergente sta spiegando alle reclute il significato del giuramento alle SS che si apprestano a dare, Josef MayrNusser alza la mano e dichiara di non poter prestare il giuramento. Inaudito.
Perché? Per motivi religiosi, risponde.
Allora lei non è un nazionalsocialista? No, non lo sono.
Non riusciranno a farlo recedere nemmeno i suoi compagni (“Hai una moglie e un figlio!”) che poi racconteranno di quel suo gesto.
Viene deportato a Buchenwald e poi a Dachau dove non arriva. Lungo il tragitto, nella stazione ferroviaria di Erlangen, nella Baviera del Nord, muore di fame il 24 febbraio 1945.
In una lettera aveva fatto capire alla moglie la decisione che stava per prendere:
Tu non saresti mia moglie se ti aspettassi qualcosa di diverso.
Sua moglie non si aspettava niente di diverso.
Ai compagni aveva detto:
Se nessuno trova il coraggio di dire loro che non è d’accordo con la loro ideologia nazionalsocialista le cose non cambieranno mai.
Vale la pena andare a trovarlo ogni tanto nel duomo di Bolzano.
Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 23 febbraio 2018.