Il copione, uno sciagurato copione, è già scritto. Se la guerra Usa-Iran ci sarà. Alla fine resteranno solo morti innocenti, profughi, vedove, orfani, invalidi, rovine. Sarà un altro fallimento politico americano nel Vicino Oriente e in Libia. L’Europa ne pagherà le conseguenze. L’Italia con essa. E anche più di essa.
Le spaventose tragedie dei migranti nel Mediterraneo (1. 287 esseri umani annegati nel 2019, almeno quelli accertati), conseguenza di quelle guerre, hanno sconvolto e sconvolgeranno il nostro Paese più di altri, inevitabilmente. I nostri sovranisti saranno ridicolizzati, ancora una volta.
Padroni a casa nostra? Ma dove? Ma quando? Salvini che loda Trump ne è l’emblema più penoso. Loda il maggiore responsabile dei nostri guai. Decide lui per noi. E gli italiani felici, beoti e felici.
Il conflitto Usa con l’Iran è cominciato come gli altri e, gli americani lo sanno, è destinato a finire come gli altri, se andrà avanti. Cioè non finirà. Non finirà, come non sono finiti quelli in Afghanistan, in Iraq, in Siria, in Libia. Non sono finiti, ma sono già persi.
Però ci sono le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e una prova di forza sul breve periodo è più utile che mai. Poi si vedrà. Intanto si intasca il consenso patriottico, energetico, militare. Dei morti, dei profughi e dei fallimenti politici si parlerà più avanti. Facciamoci rieleggere con la guerra. O con azioni di guerra. Poi si vedrà. Poi saremo una presidenza di pace.
“Siamo l’esercito più potente del mondo” ha detto Trump. Lo diceva anche Bush attaccando l’Afghanistan nel 2001.
Quali i risultati dopo 19 anni di guerra? E più di 120 mila morti civili afghani, e poi feriti, profughi, distruzioni a non finire? I talebani controllano più della metà del Paese, gli americani sono stati costretti a sedere al tavolo delle trattative e non sanno come andarsene, gli altri occidentali se ne vanno.
Giovedì scorso, 2 gennaio, abbiamo dato conto su questo giornale (“Afghanistan, le bugie rivelate”) delle rivelazioni del “Washington Post” che ha pubblicato duemila pagine di documenti ufficiali che evidenziano le bugie, l’ignoranza, la confusione dei vertici americani nella conduzione della guerra. Un fallimento e una catastrofe umanitaria.
E la guerra all’Iraq?
La commissione parlamentare britannica d’inchiesta, voluta dal governo e guidata da sir John Chilcot ha indagato dal 2009 al 2016 per verificare se le ragioni di attaccare nel 2003 l’Iraq di Saddam Hussein fossero fondate o no. Fino al 2009 c’erano stati 150 mila morti iracheni e 1 milione di profughi.
Conclusioni del Rapporto Chilcot del 6 luglio 2016 (150 mila documenti raccolti in 12 volumi): il capo del governo britannico di allora, Tony Blair, mentì volutamente, insieme agli alleati americani, ingigantendo le minacce di Saddam; non c’erano prove che questi possedesse armi di distruzione di massa; non si sono valutate opzioni alternative alla guerra; le conseguenze sono state sottovalutate.
Oggi in Iraq c’è un governo sciita filo iraniano. L’opposto di quello che gli anglo-americani volevano. Il Parlamento iracheno tre giorni fa ha chiesto di mettere fine alla presenza americana nel Paese. Un fallimento per gli anglo-americani e una catastrofe umanitaria. Prima dell’intervento anglo-americano c’erano 1,4 milioni di cristiani in Iraq. Oggi sono ridotti a 250 mila. Anche una catastrofe religiosa.
E la guerra in Siria iniziata nel 2012?
L’iniziale appoggio americano ai miliziani dell’Isis in funzione anti Assad (si è ripetuta la storia dei talebani inizialmente usati in funzione antisovietica) si è ritorto, come è noto a tutti, contro americani e Occidente intero. L’Isis è diventata la minaccia più pericolosa e la guerra in Siria un sanguinoso e complicatissimo teatro di guerra dove americani e russi si sono, insieme, alleati e combattuti, non direttamente ma tramite gli eserciti dei Paesi loro alleati.
Risultato dopo quasi otto anni di guerra? Mezzo milione di siriani morti, cinque milioni di profughi fuggiti dal Paese, sette milioni di sfollati interni. Assad e il suo alleato russo più forti che mai. Una catastrofe umanitaria, e per gli americani l’ennesimo fallimento politico.
Invece di fare l’impossibile per evitare le guerre, si cercano. Il controllo politico politico-militare-energetico-strategico del mondo lo richiede. Ma i fallimenti e i disastri umanitari di questa politica sono evidenti. Talmente evidenti che ci dovrebbero essere sollevazioni popolari ovunque contro questa follia.
Ma i popoli tacciono. E pagano. Gli europei dovrebbero essere in prima fila contro queste ripetute follie. Nel 2018 sono state presentate nei 28 Stati membri dell’Unione europea 646.385 domande di asilo da parte dei rifugiati (1 su 4 in Germania).
Ebbene, ai primi tre posti per nazionalità ci sono: siriani (79.700 domande), afghani (42.700), iracheni (42.000). Sull’Europa si riversano le conseguenze della follia imperiale americana. E dei suoi fallimenti. E Salvini elogia Trump. Troppi italiani instupiditi. Un suicidio mentale che ci riporta ad altre sciagurate stagioni della nostra storia.
E la guerra in Libia dal 2011 in poi?
Un altro disastro politico e umanitario ha fatto seguito all’eliminazione di Gheddafi. Occidentali divisi nella caccia al petrolio libico e nel sostegno alle due principali fazioni interne che si combattono da quasi sei anni. Catastrofe umanitaria.
Profughi perseguitati, incarcerati nei lager per estorcere loro denaro, torturati, violentati, uccisi da organizzazioni criminali, le quali hanno provati legami con i poteri politici e militari libici. Dramma senza fine dei barconi e degli annegati. Disumano decreto italiano chiamato “sicurezza” per rifiutare di salvarli.
Risultato? La guerra civile è più intensa che mai e arrivano in Libia anche turchi e russi. E Italia paga con l’irrilevanza il suo sovranismo ridicolo.
Mentre milioni di esseri umani innocenti pagano le conseguenze di queste follie. Ma di loro non si parla in queste ore. A loro non si chiede cosa ne pensano. Le vittime devono tacere. Parlano strateghi, potenti, politicuzzi.
Fiumi di parole. Recitano. Il copione, lo sciagurato copione, è già scritto.
Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 9 gennaio 2020