La tragedia che stiamo vivendo ci cambierà?
A volte le tragedie sconvolgono, ma non cambiano.
A volte ci cambiano per sempre.
Accadde così anche ad Oscar Arnulfo Romero.
Ha sessant’anni quando diventa arcivescovo di San Salvador, la capitale del Salvador.
È il febbraio del 1977.
Nel più piccolo paese dell’America Latina è in atto uno scontro politico durissimo.
Il Paese è in mano a un pugno di latifondisti sostenuti dall’esercito e dagli Stati Uniti. Povertà e ingiustizie spaventose. Analfabetismo, denutrizione, contadini sfruttati.
Movimenti democratici e rivoluzionari spingono per il cambiamento. Si reprime, si uccide.
Dei quattro vescovi, tre stanno col potere. Che si proclama difensore della “civiltà cristiana”. Molti sacerdoti, invece, simpatizzano con i movimenti del cambiamento.
Viene scelto Romero come arcivescovo perché è un conservatore. È contrario alla teologia della liberazione. Non darà fastidio, pensano.
Ma accade che viene assassinato padre Rutilio Grande, animatore del Vangelo tra i contadini. Romero, suo amico, è sconvolto. Prega e riflette tutta la notte davanti al cadavere di Rutilio insieme ai contadini. E decide di continuare la sua opera di verità e giustizia.
Da quel giorno rompe con l’oligarchia, le sue prediche denunciano uno ad uno i delitti del potere. Gli altri vescovi gli fanno la guerra, Papa Wojtyla, che lo riceve, lo lascia nell’amarezza.
È solo. È minacciato di morte. E ha paura.
Ma non tace di fronte agli omicidi e alle stragi del potere.
Il 23 marzo 1980 lancia ai soldati un drammatico appello:
Fratelli, siete del nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli campesinos e davanti all’ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice non uccidere.
Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine contro la legge di Dio. Una legge immorale, nessuno è tenuto a rispettarla. È ormai tempo che voi recuperiate la vostra coscienza e che obbediate prima alla vostra coscienza che agli ordine del peccato …
In nome di Dio, allora, e in nome di questo popolo sofferente, vi supplico, vi prego, vi ordino: cessate la repressione!.
Era troppo per il potere.
Il giorno dopo, Romero, mentre celebra la messa all’ospedale della Divina Provvidenza, che accoglie donne malate di cancro, e dove lui vive, viene assassinato da un colpo di fucile sparato da fuori.
La sua morte sconvolse e cambiò tante coscienze. Come la sua era stata cambiata dalla morte di Rutilio.
La Chiesa, che lo lasciò solo, con Papa Francesco, pure segnato da quella morte, lo ha fatto santo.
Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 26 marzo 2020 e poi nel libro “Testimoni”.