“In nessuna sventura avvilirsi o perdersi d’animo”

Un anno con D&D

Foto di Francesco Moretti

 

“La vita è vita dappertutto, la vita è in noi stessi e non fuori di noi. Accanto a me ci saranno degli esseri umani ed essere uomo fra gli uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura avvilirsi o perdersi di animo, – ecco in che consiste la vita, ecco il suo compito.” (F. M. Dostoevskij)

 

Il giovane Fëdor Dostoevski (1821-1881) alla fine del 1846 comincia a frequentare a San Pietroburgo il circolo culturale del socialista Michail Petraševskij. Leggono libri proibiti dalla censura dello Zar, discutono. Ma nell’aprile del 1849 lo scrittore e una trentina di altri componenti del circolo vengono arrestati e condotti in prigione nella fortezza di Pietro e Paolo.

Processati, ventuno di loro tra i quali lo stesso Dostoevskij vengono condannati a morte il 16 novembre.

La fucilazione è fissata per il 22 dicembre. Quel giorno i condannati vengono portati sul luogo dell’esecuzione. Ma un momento prima che i militari premano il grilletto arriva la grazia dello Zar. La condanna a morte è commutata in quattro anni di lavori forzati in Siberia e altri quattro di servizio militare, sempre in Siberia. La messa in scena è stata atroce.

Ma Dostoevskij ne esce rinato. Quello stesso giorno scrive una lunga lettera al fratello Michail. Eccone alcuni passi, di una forza morale indimenticabile:

Fratello! Io non sono avvilito e non mi sono perso d’animo. La vita è vita dappertutto, la vita è in noi stessi e non fuori di noi. Accanto a me ci saranno degli esseri umani ed essere uomo fra gli uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura avvilirsi o perdersi di animo, – ecco in che consiste la vita, ecco il suo compito. Ne ho preso coscienza. Questa idea è entrata nella mia carne e nel mio sangue.

Sì! Veramente! Quella testa che creava, che viveva della vita superiore dell’arte, che aveva coscienza e si era abituata alle supreme esigenze dello spirito, quella testa è già stata tagliata via dalle mie spalle. Sono rimaste la memoria e le immagini da me create e non ancora realizzate. Esse mi bruciano, è vero, come una piaga! Ma in me è rimasto il cuore e quella carne e sangue che anche può amare e soffrire, e rimpiangere, e ricordare e questa è pur sempre vita … Mai non ho sentito ribollire in me come ora tali abbondanti riserve di vita spirituale …

Riguardandomi indietro penso quanto tempo è stato speso inutilmente, quanto ne è andato perduto in aberrazioni, errori, futilità, incapacità di vivere; per quanto l’apprezzassi, quante volte ho peccato contro il mio cuore e il mio spirito, – il cuore mi sanguina.

La vita è un dono, la vita è felicità, ogni minuto poteva essere un secolo di felicità. Si jeunesse savait! [Se i giovani sapessero!] Adesso, cambiando vita rinasco in nuova forma. Fratello! Ti giuro che non perdo la speranza e conservo il mio spirito e il mio cuore puri. Rinascerò migliore. Ecco tutta la mia speranza, tutto il mio conforto!

 

(Fëdor Michajlovich Dostoevskij, I demoni quotidiani. Lettere, I, 1837-1867, a cura di Ettore Lo Gatto, Nino Aragno Editore, 2017, pp. 129-132.

Una nuova edizione dell’epistolario di Dostoevskij è uscita recentemente: F. M. Dostoevskij, Lettere, a cura di Alice Farina, Il Saggiatore, Milano 2020, pp. 1376).

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