Studiava al liceo “Maffei” di Riva del Garda, aveva 19 anni. Eugenio Impera fu la più giovane vittima della strage nazifascista del 28 giugno 1944.
Un soldato tedesco e un fascista irruppero in casa e gli spararono. Lui non aveva mai sparato.
Suo padre Giovanni, carabiniere di origini calabresi, dopo la Grande Guerra si era fermato in Trentino e si era sposato con Veronica Bazzoli di Roncone.
Eugenio venne al mondo nel 1925 e l’anno dopo, nacque la sorella Romana, futura suor Cecilia della comunità di Dossetti che, oggi, a 94 anni, ricorda tutto, commossa.
I due fratelli vollero frequentare la medesima classe al liceo, tanto erano uniti.
Ebbero tra i professori Adolfo Leonardi e, soprattutto, Guido Gori che aprirono le loro menti a un mondo diverso rispetto a quello fascista. Tra i loro compagni di scuola ci furono i partigiani Enrico Meroni, Giorgio Tosi, Luciano Baroni, Renato Ballardini.
Ritornò a Riva dalla guerra Gastone Franchetti, carismatico ufficiale degli alpini, sportivo, fama di eroe, che riunì gli studenti nei “Figli della montagna”. Natura, camminate, chiacchierate. Si appassionarono alla libertà e alla giustizia sociale.
Franchetti, con altri alpini, tra cui Teresio Olivelli, fondò nel bresciano le brigate partigiane “Fiamme Verdi”, di ispirazione cattolica, ma senza partito e aperte ai resistenti di altra ispirazione. Operavano in Lombardia e in Trentino. Vi entrarono anche gli studenti rivani.
Franchetti agiva in collegamento con Manci, socialista, capo della Resistenza trentina.
Ma il tradimento di Fiore Lutterotti, amico di Franchetti, portò alla strage del 28 giugno. Vennero uccisi 16 partigiani. Tra gli studenti, Impera e Meroni.
Ballardini, oggi 93 anni, si salvò perché in quei giorni era in montagna, ma tennero in carcere suo padre, che vi morì. A Rovereto fu ucciso Angelo Bettini. Antonio Manci, arrestato, per sfuggire all’interrogatorio si uccise gettandosi da una finestra. Franchetti fu barbaramente torturato, processato e in agosto fucilato.
Suor Cecilia Impera racconta: mentre il fascista bloccava col mitra lei, il padre e la sorellina Adriana (la madre era assente), il tedesco sparava a Eugenio.
Con questi versi lo ricordò l’amico partigiano e scrittore Luciano Baroni:
Eugenio / il bel nato da una donna minuscola / del paese degli arrotini / e da un guardiano di sale e tabacchi / stava seduto al tuo posto / in un banco di legno vero / e Anna Karenina sulle ginocchia / copriva spesso il testo / di grammatica greca. / Non voglio assillarti / ma soltanto farti sapere / che i nazi lo uccisero / a diciannove anni / prima ancora che potesse imbracciare un fucile.
Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 24 aprile 2020 e poi nel volume Testimoni.