Il razzismo è una malattia antica. Perfino il sistema democratico, che esalta l’uguaglianza, è nato razzista. Perfino grandi filosofi illuministi, che volevano guarire il mondo con la ragione e la tolleranza, erano razzisti. La malattia del razzismo è inscritta nella nostra civiltà.
Avvelena gli animi e uccide. Qui e ovunque. È disumana e priva di fondamenti scientifici. È anticristiana.
L’uguaglianza degli esseri umani è fondamento del Vangelo di Gesù Cristo. Il cristianesimo è inconcepibile senza questo fondamento. Ma perfino i cristiani hanno costruito società sul razzismo e ucciso per razzismo.
Il 25 maggio di un anno fa, l’omicidio di George Floyd, afroamericano di 46 anni, da parte di un poliziotto, scatenò negli Stati Uniti e in tutto il mondo un enorme movimento di protesta all’insegna del motto “Black Lives Matter”, “le vite dei neri contano”, non nuovo, ma rilanciato con inusitata determinazione.
Martin Luther King, come ci ricorda l’eccellente biografia di Paolo Naso, Martin Luther King. Una storia americana, aveva ben compreso che non bastavano i diritti liberali per garantire l’uguaglianza tra bianchi e neri, ma occorreva un cambiamento radicale del sistema.
“Stiamo lottando per una vera uguaglianza”, diceva negli ultimi anni (fu assassinato nel ’68). Casa, lavoro, istruzione, sanità: qui, diceva, si costruisce la vera uguaglianza.
Il diritto di voto, che il movimento per i diritti civili guidato da King ottenne nel 1964, era solo un primo passo. Bisognava cambiare da cima a fondo, diceva, una società profondamente ingiusta. Che generava povertà ed emarginazione, scavava solchi sempre più profondi tra gli uni e gli altri, esasperava le delusioni di chi era tagliato fuori dalla fiera del benessere.
La disuguaglianza sostanziale punisce i deboli e rende più forti i forti. Il razzismo è un pretesto ideologico per giustificare le disuguaglianze di trattamento.
La democrazia che nasce ad Atene tra il VI e il V secolo prima di Cristo è fondata sull’esclusione delle donne, dei “barbari” (quelli che hanno origini straniere) e degli schiavi. Aristotele e Platone diedero un fondamento filosofico razzista a tale esclusione: “Sono esseri umani di seconda categoria”. La democrazia nacque escludendo una parte enorme di società e di umanità. Noi siamo uguali, “loro” no.
Gesù Cristo demolì tali fondamenti una volta per sempre. Ma i cristiani li riesumarono, anche quando costruirono la democrazia moderna.
La democrazia britannica e poi americana (protestanti) escludeva le donne, i cattolici, i neri, i nativi dei popoli colonizzati e moltiplicava gli schiavi. “Sono esseri umani di seconda categoria”. Mentre l’intera cristianità si chiedeva: “Hanno un’anima?”.
Poi arrivò la stagione dei Lumi che voleva spazzar via superstizioni e pregiudizi, ma i grandi filosofi Hume, Kant, Voltaire e una pletora di scienziati furono razzisti. “Quelli”, i neri ecc., sono “esseri umani di seconda categoria”.
Il positivismo dell’Ottocento, presuntuosamente “scientifico”, proseguì sulla stessa sciagurata strada.
Il razzismo non è stato inventato dal nazismo e dal fascismo. Queste nefaste ideologie l’hanno ripreso ed esaltato e in suo nome hanno perseguitato e sterminato, mentre era in atto nelle democrazie una correzione di rotta. In ambito scientifico, filosofico, politico.
Oggi la scienza ripudia il razzismo illuminista, per non dire nazifascista.
Gli studiosi di genetica, che ieri giustificarono le politiche razziste, la persecuzione e lo sterminio degli ebrei e di altri gruppi sociali ed etnici, oggi sono in prima fila nel dimostrare che le razze non esistono.
Che le differenze esteriori tra i gruppi umani sono il frutto di fattori climatici, ambientali, storici.
Che le differenze culturali non nascono dal possesso di geni diversi, più o meno intelligenti. Che non esistono “purezze” razziali.
Che l’umanità è il prodotto della circolazione continua degli esseri umani, che il mescolamento delle persone tramite le migrazioni ha salvato biologicamente la specie umana e ha consentito il suo progresso culturale, perché i gruppi chiusi si estinguono, per debolezza genetica e culturale.
Che discendiamo tutti da un’unica famiglia (africana e nera). La scienza oggi conferma la Bibbia: siamo tutti figli di un “Adamo” e di una “Eva”, e ci siamo sparsi per il mondo lungo i millenni e i millenni.
E siamo chiamati, rispettando le nostre differenze, a riconoscere e ad esaltare quella fraternità di uguali che Gesù Cristo ha annunciato al mondo una volta per sempre.
Pubblicato sul settimanale diocesano “Vita Trentina” il 27 maggio 2021, data di testata domenica 30 maggio 2021.