Lucia Marzocca ha dovuto dire ai suoi due bambini di 4 e 6 anni che “papà non tornerà dopo le vacanze”.
Erano da alcuni mesi in Marocco, presso la famiglia di lui, e presto avrebbero potuto riabbracciarlo.
Ma Adil Belakhdim, 37 anni, è stato ucciso pochi giorni prima della partenza da un camion frigo che l’ha schiacciato travolgendo il picchetto dei lavoratori che, per uno sciopero nel settore della logistica, manifestavano davanti all’uscita di un grande magazzino di Biandrate in provincia di Novara.
Il camionista, Alessandro Spaziano, di 26 anni, dopo alcune manovre, ha accelerato e ha investito i lavoratori. Uno è stato colpito a una gamba, ma si è salvato. Adil, sindacalista del Sindacato intercategoriale Cobas, è stato colpito in pieno e trascinato per dieci metri. I suoi bambini e sua moglie non potranno più riabbracciarlo.
Una morte atroce, nata nel disumano Far West della logistica che in questi tempi di chiusure per la pandemia ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso.
Facchini e autisti sono sottoposti a turni massacranti. Il disprezzo della dignità del lavoro raggiunge livelli paurosi nel settore, dove almeno tre quarti dei lavoratori sono extracomunitari.
La paga di un facchino è di 850 euro al mese, gli straordinari per sopravvivere non figurano in busta paga, le pause pranzo di mezz’ora devono essere recuperate. La busta paga è incomprensibile, e Adil, sindacalista appassionato e persona buona, cercava di spiegarla ai lavoratori. E li difendeva.
Le grandi organizzazioni del settore subappaltano i lavori a finte cooperative, create da personaggi senza scrupoli. I contratti di lavoro finiscono per restare sulla carta. Nel Far West del subappalto i diritti sono calpestati a piacimento.
Nel mondo del carico, scarico, imballo si lavora senza tregua, sempre più in fretta, il lavoro è pesante, lo sfruttamento è regola e l’illegalità domina. Conta solo il profitto.
Questo clima di disprezzo per la dignità della persona umana avvelena anche un camionista che scaglia il proprio automezzo contro lavoratori come lui. E uccide.
Veniamo da troppi anni di disprezzo della dignità del lavoro e dei lavoratori. In nome della crisi da superare, della concorrenza, della globalizzazione, della flessibilità, della velocità. Tutto questo ha garantito crescita vertiginosa dei profitti per pochi e perdita di reddito per moltissimi. Non passa giorno che una qualche statistica non ce lo ricordi. Si parla tanto di disuguaglianze, ma se non si va a colpirle alle fonti che le generano si chiacchiera soltanto.
Il premier Draghi, presentando con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, il Recovery Plan che porterà in Italia 191, 5 miliardi di euro da qui al 2026, ha detto che ci serviranno per costruire un’Italia più moderna, giusta e sostenibile.
La morte di Adil ci ricorda però che non ci sarà modernità, giustizia e sostenibilità senza, in primo luogo, restituire dignità al lavoro e ai lavoratori.
Dignità calpestata non soltanto nei Far West dell’economia, ma anche in ambiti pubblici e di alta professionalità. Come un reparto ospedaliero.
Lo sta rivelando, in un clima di incertezza dovuto anche alle troppe omertà, l’angosciante vicenda della giovane ginecologa Sara Pedri, scomparsa il 4 marzo scorso nei dintorni del lago di Santa Giustina. Da tre mesi aveva inviato una lettera di dimissioni dall’ospedale Santa Chiara di Trento dove prestava servizio nel reparto di ginecologia ed ostetricia. I familiari parlano di clima di terrore che viveva sul posto di lavoro.
Un reparto dal quale negli ultimi anni i medici fuggivano uno dopo l’altro. Perché si è lasciata degenerare la situazione in questo modo senza intervenire? La dignità dei lavoratori è stata disprezzata non solo da chi era responsabile del clima invivibile, ma anche da chi doveva intervenire e non l’ha fatto.
“La responsabilità è di un’Azienda Sanitaria che non ha fatto controlli”, ha dichiarato il presidente dell’Ordine dei medici Marco Ioppi.
A una interrogazione del consigliere provinciale Filippo Degasperi del gennaio 2019 si è data risposta solo adesso, due anni e mezzo dopo, di fronte alla scomparsa della dottoressa, e in maniera non adeguata alla gravità dell’accaduto.
La Provincia ha distribuito generosamente in questi anni cospicui premi in denaro e promozioni ai dirigenti dell’Azienda sanitaria. La tutela della dignità del lavoro e dei lavoratori non è stata, a quanto pare, un criterio che ha ispirato le generose elargizioni e promozioni, di ieri e di oggi.
Non occorre che ci siano sempre di mezzo multinazionali e finte cooperative. La dignità del lavoro è impunemente calpestata anche in istituzioni pubbliche di casa nostra.
Editoriale pubblicato sul settimanale “Vita Trentina”, uscito il 24 giugno 2021, data di testata domenica 27 giugno 2021.