Aveva vent’anni nel ’68 Abdulrazak Gurnah, il nuovo premio Nobel per la letteratura annunciato giovedì 7 ottobre dall’Accademia di Svezia.
Viveva in Tanzania, era studente, ma dovette fuggire perché perseguitato.
Approdò in Inghilterra dove trovò rifugio.
La sua lingua madre era lo swahili, ma cominciò a scrivere in inglese. E l’inglese divenne la sua lingua di scrittore. Divenne anche docente universitario di letteratura all’Università di Kent.
La sua è la storia di un rifugiato i cui talenti sono stati valorizzati. L’Inghilterra non gli chiuse le porte in faccia. E lui non ha dimenticato questa sua origine, la stessa di tanti giovani che come lui fuggirono e continuano a fuggire dal proprio Paese perché perseguitati e cercano accoglienza in Europa.
La motivazione dell’Accademia di Stoccolma mette in luce “la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti”.
Ha pubblicato una decina di romanzi e alcuni sono stati tradotti e pubblicati in Italia dall’editore Garzanti alcuni anni fa. Ma sono introvabili. Si tratta di Il paradiso (1994), Sulla riva del mare (2001), Il disertore (2005).
Adesso l’editore si precipiterà a ristamparli. E a tradurne e pubblicarne altri.
Il premio Nobel serve anche a questo. A scoprire e riscoprire grandi autori poco noti.
Torneremo ad occuparci di lui.