“C’è chi non vuole che la gente semplice legga i testi sacri tradotti in volgare. Con costoro mi trovo in robusto dissenso: come se Cristo avesse insegnato cose così astruse da poter essere intese a malapena da tre o quattro teologi…
La mia aspirazione è che leggano i Vangeli tutte le donnette, che tutte leggano le lettere di San Paolo… Vorrei che il contadino ne intonasse qualche versetto spingendo l’aratro, che il tessitore ne modulasse qualche passo manovrando le sue spole, che il viandante alleviasse il tedio del cammino con queste storie…” (Erasmo da Rotterdam, 1516)
Erasmo da Rotterdam
Prefazioni ai Vangeli 1516-1522
A cura di Silvana Seidel Menchi, testo latino a fronte
Einaudi, 2021, p. 174, euro 24
Si pubblicano buoni libri nuovi. Ma, per fortuna, anche grandi libri antichi, che si rivelano più nuovi che mai e che ci ricordano come si pensa e come si scrive. Se non ci abbeveriamo a queste grandi fonti rischiamo di fermarci ai nostri piccoli pensieri e alle nostre piccole parole.
La limpidezza, la semplicità, la profondità, la forza polemica della prosa di Erasmo da Rotterdam conservano dopo cinque secoli tutto il loro splendore.
Le magnifiche “Prefazioni” ai Vangeli, tradotte in italiano (con testo originale latino a fronte) e riproposte in volume dall’editore Einaudi, ne sono una dimostrazione.
Il volume è curato, come meglio non si potrebbe, da Silvana Seidel Menchi, tra i maggiori studiosi di Erasmo a livello internazionale. La sua introduzione unisce chiarezza e rigore scientifico davvero invidiabili. Ci aiuta così a comprendere quel mondo solo apparentemente lontano, perché è alla radice dell’Europa moderna, con le sue conquiste intellettuali e spirituali e i suoi laceranti conflitti.
Grande umanista e grande amico di Tommaso Moro
Erasmo da Rotterdam, olandese, era il più grande intellettuale umanista del tempo.
Nato a Rotterdan nel 1466 (o 1479, la data è dubbia) si formò dagli Agostiniani e fu ordinato prete nel 1492. Studiò teologia a Parigi e girò poi l’Europa frequentando i migliori centri umanistici. I suoi libri ottennero fin da subito un grande successo.
Nel 1499 è in Inghilterra dove conosce il formidabile gruppetto degli umanisti inglesi, guidato da John Colet, e diventa amico di Tommaso Moro (Thomas More), il futuro autore di Utopia, poi Cancelliere d’Inghilterra e infine martire, che a soli 21 anni è già una delle menti più brillanti dell’isola.
In Inghilterra studia il greco
Ritorna in Inghilterra nel 1505 e studia il greco insieme a Moro con il quale traduce il caustico e irriverente scrittore greco Luciano.
L’apprendimento del greco è decisivo per lui come per ogni umanista di valore, perché la riscoperta della cultura classica greca è alla base della rivoluzione culturale degli umanisti.
Dopo un lungo e fruttuoso viaggio in Italia, iniziato nel 1506, ricco di incontri e pubblicazioni, Erasmo è per la terza volta in Inghilterra nel 1499 e viene ospitato da Moro, che nel frattempo ha perso la moglie, dalla quale ha avuto tre figlie e un figlio, e che si è risposato con una vedova.
Nella movimentata, accogliente e gioiosa casa dell’amico, che non solo è un eccellente umanista ma anche il più importante avvocato di Londra, completa l’Elogio della follia (che esce a Parigi nel 1511) e lavora giorno e notte ad alcune memorabili edizioni critiche.
Tranne alcune interruzioni che lo portano sul continente, Erasmo resta sull’isola fino al 1514.
La bisaccia di Erasmo è piena di manoscritti di enorme importanza
In quell’anno si trasferisce a Basilea, in Svizzera, dove viene accolto con grandi festeggiamenti dopo un viaggio trionfale lungo il Reno, come ricorda Silvana Seidel Menchi.
Erasmo porta a Basilea dall’Inghilterra una grossa bisaccia piena di manoscritti, frutto degli intensi anni di lavoro nella casa di Moro e nelle ricche biblioteche inglesi. Manoscritti che avrebbero dato per anni un frenetico e copiosissimo lavoro alla famosa tipografia Froben, vanto della città svizzera.
Nella bisaccia di Erasmo c’erano, come scriverà due settimane dopo in una lettera Beato Renano, uno dei giovani e brillanti intellettuali che ruotavano attorno alla tipografia-casa editrice: “tutte le opere di san Gerolamo emendate, tutte le opere di Seneca emendate, abbondantissime annotazioni sul Nuovo Testamento, un libro di similitudini, molte opere di Plutarco tradotte, gli Adagia ampliati in tutte le loro componenti, per di più molti altri lavori ancora allo stato grezzo, avviati sì, ma non ancora conclusi.”
1516: Erasmo pubblica la rivoluzionaria edizione critica del “Nuovo Testamento” e aiuta Moro a pubblicare “Utopia”
Da più di mille anni la Chiesa utilizzava la Bibbia in latino curata da san Gerolamo (347-419/420), chiamata Vulgata. Come è noto, il Nuovo Testamento è stato scritto in greco e la Vulgata di san Gerolamo, che aveva rielaborato e messo insieme varie traduzioni in latino che all’epoca erano in circolazione, rappresentava la versione latina ufficiale e indiscutibile.
Erasmo compie un’azione temeraria: pubblica, nel 1516, l’edizione in greco del Nuovo Testamento e insieme una propria nuova traduzione in latino che diverge solo in alcuni punti dalla Vulgata, ma importanti.
Scrive Silvana Seidel Menchi: “Poiché gli evangelisti hanno scritto originariamente in greco, ripete con insisitenza [Erasmo], il testo greco è quello che ci restituisce con maggior fedeltà la parola di Cristo”.
E poi: “Mettere a disposizione del singolo cristiano la Scrittura in una lingua più corretta del latino tardo della Vulgata, più elegante, più accetta al lettore umanista, questo è l’obiettivo che Erasmo sostanzialmente persegue” (pp. XXVI-XXVII).
Erasmo, inoltre, correda con moltissime note il Nuovo Testamento.
Alla fine di quello stesso anno, il 1516, l’instancabile Erasmo cura la pubblicazione, che esce a Lovanio, cittadina universitaria nelle Fiandre (ora in Belgio), dell’Utopia dell’amico Tommaso Moro. Un piccolo libro in latino, non meno rivoluzionario per la cultura e la storia europea e mondiale del grande Nuovo Testamento curato da Erasmo (che morirà a Basilea nel 1536, l’anno successivo alla decapitazione dell’amico Moro).
Dibattiti accesi e aspri scontri
Appoggi entusiasti e critiche feroci accompagnarono le varie edizioni del Nuovo Testamento curato da Erasmo che si succederanno a breve distanza di tempo.
Erasmo aveva dedicato la prima edizione di quest’opera rivoluzionaria a papa Leone X, il quale l’apprezzò molto e la lodò pubblicamente con un breve papale, uno scritto ufficiale, che l’umanista olandese pubblicherà su ogni edizione successiva, per dimostrare che non era un eretico. Ma ciò non bastò a placare gli animi.
Il nuovo testo scardinava una tradizione millenaria, ricorda Seidel Menchi, e provocò accesissimi dibattiti che impegnarono le più prestigiose facolta teologiche e ben presto, all’indomani della frattura operata da Lutero a partire dal 1517, finì per alimentare lo scontro tra cattolici e protestanti. Questi ultimi fecero propri gli orientamenti di Erasmo il quale, peraltro, rimase sempre nell’ortodossia cattolica e finì per essere avversato dagli uni e dagli altri.
L’umanista olandese aveva cercato di rispondere in anticipo ai suoi critici scrivendo: “La Scrittura ci è stata tramandata da una lunga serie di scribi e copisti: nella tradizione testuale si sono perciò insinuati degli errori. Io correggo questi errori. Lo Spirito santo ha assistito gli evangelisti, non i copisti”.
Appassionati appelli al lettore: scopri il Vangelo! Che cristiano sei se non hai letto il messaggio di Cristo?
Le edizioni del Nuovo Testamento curato da Erasmo, alcune ridotte e rivolte al popolo, sono precedute da alcuni saggi introduttivi, tra i quali le Paracelsi, ovvero, pressanti esortazioni, appassionati appelli al lettore perché legga e ami la Bibbia, e soprattutto il Vangelo.
Il libro Prefazioni ai Vangeli raccoglie quattro testi introduttivi a edizioni diverse del Nuovo Testamento erasmiano. Testi bellissimi.
Ecco alcuni passi tratti dalla prefazione che accompagna la prima edizione, quella del 1516:
Se un caro amico ci scrive una lettera, la conserviamo, la baciamo, la portiamo dappertutto con noi, la leggiamo e rileggiamo: e ci sono migliaia e migliaia di cristiani i quali, pur essendo colti, non hanno mai letto i libri dei Vangeli e degli apostoli in tutta la loro vita”.
“Chi non ha letto i libri di Platone non può dirsi platonico; e sarà teologo, per non dire cristiano, chi non ha letto il messaggio di Cristo?”
“C’è chi non vuole che la gente semplice legga i testi sacri tradotti in volgare. Con costoro mi trovo in robusto dissenso: come se Cristo avesse insegnato cose così astruse da poter essere intese a malapena da tre o quattro teologi, o come se la tutela della religione cristiana consistesse nell’ignoranza della religione cristiana.
I misteri dei re, quelli sì, sarà preferibile tenerli occulti; Cristo invece ha voluto che i suoi misteri avessero la massima diffusione.
La mia aspirazione è che leggano i Vangeli tutte le donnette, che tutte leggano le lettere di san Paolo. E magari queste pagine fossero tradotte in tutte le lingue di tutti i popoli…
Vorrei che il contadino ne intonasse qualche versetto spingendo l’aratro, che il tessitore ne modulasse qualche passo manovrando le spole, che il viandante alleviasse il tedio del cammino con queste storie.
Vorrei che tutti i discorsi che intercorrono tra tutti i cristiani ne fossero permeati. Noi siamo, in effetti, tali quali le nostre conversazioni quotidiane.”