Ma la fiamma olimpica non dà luce agli uiguri – (Un editoriale e alcuni importanti link)

La “formazione professionale” degli uiguri.

“Grazie alla formazione professionale, gli allievi hanno avuto l’occasione di riflettere sui loro errori e cogliere l’essenza del terrorismo e dell’estremismo. Hanno migliorato la loro coscienza nazionale, la coscienza civile, la coscienza dello Stato di diritto…  Sono in grado di distinguere meglio il bene dal male …” (Shohrat Zakir, presidente dello Xinjiang e segretario del partito comunista, sugli uiguri detenuti nei campi di concentramento).

 

Un editoriale e importanti link per saperne di più

MA LA FIAMMA OLIMPICA NON DÀ LUCE AGLI UIGURI

di Vincenzo Passerini

editoriale sul settimanale  “Vita Trentina” del 10 febbraio 2022

(data di testata 13 febbraio 2022)

 

Olimpiadi invernali di Pechino: belle gare, belle medaglie. Godiamocele. Olimpiadi: come sempre anche una ghiotta occasione di propaganda.

Il regime comunista cinese, che perseguita spietatamente la minoranza musulmana uigura, ha fatto accendere la fiamma olimpica a due atleti, tra cui proprio un’atleta uigura, la fondista Diniger Ylamuijang. Per dire, con la sfrontatezza tipica dei regimi: vedete come li trattiamo bene gli uiguri? La realtà è ben diversa.

Ma chi sono gli uiguri?

Sono una popolazione turcofona musulmana che vive nello Xinjiang, l’immensa regione della Cina nord- occidentale, grande come Italia, Germania, Francia e Spagna messe insieme. Lo Xinjiang, che confina col cuore dell’Asia musulmana, gode di speciale autonomia e conta poco meno di 24 milioni di abitanti.

Gli uiguri sono il 45% circa, ma nel ’49 erano il 75%. Le persecuzioni, nel corso degli anni, li hanno drasticamente ridotti a favore dell’etnia maggioritaria cinese, gli han, che erano il 7% e ora sono il 40%. Dati più eloquenti di ogni discorso.

Una operazione di pulizia etnica attuata con le repressioni e con l’insediamento massiccio nella regione di contadini han provenienti da altre parti del Paese e costringendo molti uiguri ad emigrare.

La regione è molto importante dal punto di vista strategico ed economico. Vi si produce l’80% del cotone cinese che corrisponde al 22% della produzione mondiale.

Negli ultimi vent’anni le proteste e le rivolte degli uiguri in difesa dei propri diritti sono state duramente represse. La situazione è peggiorata con la politica ancor più centralista dell’attuale leader cinese Xi Jinping, salito al potere nel 2013.

Le Nazioni Unite, Amnesty International, Human Rights Watch hanno documentato e denunciato le spietate repressioni.

Ben 8.000 moschee sono state distrutte, a scuola la lingua uiguri è stata emarginata, il controllo della vita quotidiana di ogni persona, grazie anche alle nuove tecnologie utilizzate massicciamente, è diventato asfissiante.

Secondo le Nazioni Unite, nel 2018 almeno 1 milione di uiguri (ma secondo alcuni rapporti sono molti di più) erano detenuti nei campi di internamento per essere “rieducati”.

In questi campi di concentramento gli uiguri vivono ammassati in condizioni di vita e di salute precarie, subiscono abusi psicologici e fisici, è impedito loro di comunicare con i familiari. Le autorità cinesi dicono che in questi campi la “formazione” ha lo scopo di “sradicare dalla mente pensieri di estremismo religioso e terrorismo violento, e curare le malattie ideologiche”. Puro linguaggio staliniano o da rivoluzione culturale maoista.

 

Un campo di “rieducazione” (leggi: campo di repressione e indottrinamento) per gli uiguri in una foto diffusa dai governanti cinesi.

 

In una intervista all’agenzia di stampa Xinhua del 16 ottobre 2018, Shohrat Zakir, presidente dello Xinjiang e vicesegratrio del Partito comunista della regione, ha dichiarato a proposito degli uiguri detenuti nei campi di concentramento:

“Grazie alla formazione professionale, gli allievi hanno avuto l’occasione di riflettere sui loro errori e cogliere l’essenza del terrorismo e dell’estremismo. Hanno migliorato la loro coscienza nazionale, la coscienza civile, la coscienza dello Stato di diritto e hanno aderito alla comunità della nazione cinese. Sono in grado di distinguere meglio il bene dal male e di opporsi al pensiero estremista … Hanno fiducia nel futuro”

(da Gulbahar Haitiwaji e Rozen Morgat, Sopravvissuta a un gulag cinese. La prima testimonianza di una donna uigura, add editore, 2021). Dichiarazioni che ci riportano alla stagione dei gulag.

 

Gulbahar Haitiwaji è una donna uigura, nata nel 1966, detenuta per tre anni in un gulag cinese dove ha subito violenze, interrogatori, fame freddo, indottrinamento.

 

Nel 2021 il prestigioso premio giornalistico Pulitzer è stato assegnato al sito internet BuzzFeedNews e all’architetta britannica Alison Killing. Utilizzando sofisticate tecniche di analisi satellitare delle strutture architettoniche, e importanti interviste, hanno rivelato, attraverso una serie di reportage pubblicati tra l’agosto e il dicembre 2020, l’esistenza nello Xinjiang di 268 campi di concentramento dove sono internati gli uiguri e altre minoranze religiose.

La Lega Araba e molti Paesi musulmani non hanno mai protestato contro il genocidio culturale degli uiguri. Anzi, l’Arabia Saudita e il Pakistan hanno difeso la Cina, che ha negato le repressioni, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Non è che in Arabia Saudita e in Pakistan i diritti umani siano rispettati. I regimi si sorreggono a vicenda.

Ma noi, che serva o non serva, Olimpiadi o non Olimpiadi, non smettiamo mai di denunciare le loro disumanità. Non smettiamo mai, come diceva Bernanos, di “imbrattare d’inchiostro il volto dell’ingiustizia.

 

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