Il 28 dicembre 2021, la Corte suprema di Mosca ha dichiarato fuori legge l’organizzazione Memorial, impegnata dalla fine degli ’80 a recuperare la memoria delle vittime dello stalinismo e a difendere i diritti umani (…)
«Putin ha ribadito l’idea che l’Ucraina sia una proprietà russa – continua Flores – per farlo, il presidente russo ha nel tempo utilizzato la storia in maniera totalmente strumentale»
Dai crimini di Stalin all’invasione dell’Ucraina, Putin ha “ricostruito” la storia russa. Flores: “Uso del passato totalmente strumentale”
Intervista a Marcello Flores di Davide Leveghi
il dolomiti.it, 5 marzo 2022
Il 28 dicembre 2021, la Corte suprema di Mosca ha dichiarato fuori legge l’organizzazione Memorial, impegnata dalla fine degli ’80 a recuperare la memoria delle vittime dello stalinismo e a difendere i diritti umani.
Questo fatto, così come l’uso disinvolto delle manipolazioni storiche sull’Ucraina, illustra bene quali siano le politiche memoriali della Russia putiniana.
Lo storico Marcello Flores, tra i fondatori di Memorial Italia: “Da Pietro il Grande a lui, un unico filo unisce positivamente la storia nazionale russa”
Nel dichiarare guerra, il presidente russo Vladimir Putin ha espresso la volontà di “smilitarizzare e denazificare” l’Ucraina.
Nel lungo periodo, passando per la Rivoluzione arancione e le proteste filoeuropee, l’annessione della Crimea e lo scoppio della guerra civile nella parte orientale del Paese, la massima carica della Federazione russa non ha mai mancato di asservire la storia al proprio disegno egemonico: da Pietro il Grande a sé stesso, passando per la “grande guerra patriottica” lanciata da Stalin contro gli invasori nazifascisti e la vittoria nella Seconda guerra mondiale, un unico filo collega i principali protagonisti della storia russa nel segno di una grande civiltà.
Fra i toni minacciosi e la missione imperiale attribuita al proprio Paese, Putin non ha pertanto mai lesinato un uso politico della storia. E la vicenda che stiamo per raccontare, avvenuta alla fine del 2021, non è che una sfaccettatura di questa questione.
“Memorial è un’organizzazione che nasce nel 1988 come risultato del lavoro di un gruppo di intellettuali, storici e attivisti per i diritti umani, che grazie all’apertura garantita dalla glasnost’, la ‘trasparenza’ avviata da Gorbaciov, cominciò a recuperare la memoria della repressione dello stalinismo”, esordisce Marcello Flores, storico e attivo partecipante del ramo italiano dell’organizzazione Memorial.
“In modo sempre più ampio ed organico, Memorial sfruttò così l’apertura degli archivi sovietici, riportando alla luce la storia delle vittime dello stalinismo prima e poi, allargando il punto di vista, quella delle vittime del regime sovietico – prosegue – nel sito italiano, ad esempio, è possibile consultare le storie e le biografie di tutti gli italiani, la maggior parte comunisti, repressi durante le purghe staliniane. Dopo il crollo dell’Urss, inoltre, Memorial rafforzò la sua attività aprendo una branca che si occupava non più di passato ma di presente, nello specifico di diritti umani. Nel tempo, dunque, l’organizzazione ha messo assieme un’enorme mole di materiale. Materiale che, ora, rischia di sparire”. Ma perché?
La nostra storia certo non comincia il 28 dicembre 2021, ma qui trova uno snodo decisivo. La Corte suprema russa, infatti, quel giorno ordina, alla conclusione di un lungo processo di demonizzazione, la chiusura di Memorial International.
L’accusa? Essere un agente straniero, che agisce contro gli interessi della Federazione beneficiando di fondi provenienti dall’estero. Organizzazione memoriale che recupera una memoria dolorosa e scomoda, oltre che organizzazione in difesa dei diritti umani – celebri le sue battaglie durante la guerra di Cecenia – Memorial ha finito così per rappresentare un bersaglio perfetto per un Paese avviato da tempo verso l’autocrazia, dove il passato, nondimeno, viene utilizzato come armamentario in cui pescare eventi e protagonisti a cui agganciare la propria visione del mondo e del proprio ruolo di potenza.
“Sfruttando una legge di qualche anno fa, che proibisce alle organizzazioni di ricevere finanziamenti dall’estero, Memorial è stata messa fuori legge affinché la smettesse di svolgere il suo ruolo di guardiano della memoria – spiega Flores – da parte sua, infatti, Putin ha lentamente ricostruito una narrazione del passato russo che mette al proprio servizio Pietro il Grande come Stalin, in un unico filo che collega la Russia zarista a lui. C’è un unico neo, come dimostrato anche dalle frasi pronunciate nei giorni precedenti all’invasione dell’Ucraina: la rivoluzione russa e Lenin. È a questi, ed in particolare al leader rivoluzionario, che il presidente russo attribuisce la colpa di aver creato il caos in Ucraina”.
In uno dei suoi discorsi precedenti all’invasione, il presidente russo ha infatti scaricato su Lenin la responsabilità d’aver “inventato” l’Ucraina, riconoscendo a Kiev il diritto di costituirsi come repubblica autonoma e federata con Mosca. Tale decisione, a suo modo di vedere, cozza con il postulato secondo cui russi, bielorussi e ucraini siano un unico popolo; di conseguenza, l’Ucraina non sarebbe altro che una “espressione geografica”.
“Nel suo discorso, Putin ha ribadito l’idea che l’Ucraina sia una proprietà russa – continua Flores – per farlo, il presidente russo ha nel tempo utilizzato la storia in maniera totalmente strumentale, accentuando alcuni aspetti ed omettendone altri. Dando la colpa a Lenin e al bolscevismo, rei d’aver ‘creato’ l’Ucraina, si salva invece la figura di Stalin (che con quel Paese ebbe come noto un rapporto problematico, particolarmente negli anni Trenta, quando la collettivizzazione produsse nella repubblica una carestia da milioni di vittime, ndr)”.
Sfruttando le questioni aperte della società ucraina con il proprio passato, dal più lontano – in particolare gli ambigui movimenti nazionalisti, schierati nella Seconda guerra mondiale con i nazifascisti e pertanto protagonisti di efferati crimini contro ebrei e oppositori politici – al più vicino – si veda la partecipazione di organizzazioni di estrema destra alla rivoluzione del 2014 o alla guerra civile nell’Est (organizzazioni, tra l’altro, elettoralmente ininfluenti) – Putin ha potuto presentare l’azione militare come necessaria per “denazificare” il Paese.
Da anni, tuttavia, è proprio Mosca la principale finanziatrice dei movimenti d’estrema destra in tutto l’Occidente.
“Accusando l’Ucraina di avere un governo nazista, finanziato dagli Usa e dall’Occidente, Putin individua l’autogiustificazione dell’intervento militare – racconta il noto storico – mettendosi così, idealmente, nel solco della ‘Grande guerra patriottica’ finita nel 1945. Si tratta, in realtà, di una fantasia sia politica che storica”.
Grazie al lavoro fatto dall’amministrazione putiniana, alle aperture di Gorbaciov e dell’epoca di Eltsin è seguita così una radicale e diffusa rivisitazione della storia russo-sovietica.
Una rivisitazione che, ruotando attorno al mito della vittoria dell’Urss di Stalin nella Seconda guerra mondiale, ha stravolto la visione che la popolazione, con il suo vissuto e le sue memorie familiari e collettive, stava acquisendo del proprio passato grazie anche ad organizzazioni come Memorial.
“Una serie di sondaggi effettuati da alcuni istituti di ricerche sociali indicavano fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta un bassissimo consenso dei russi nei confronti di Stalin. Il loro giudizio, grazie ad una conoscenza storica più approfondita, era sostanzialmente negativo. Lentamente, in particolare con Putin, questo giudizio ha cominciato a cambiare. Stalin, possiamo dire, è tornato ad avere successo come figura del passato nazionale, venendo considerata una delle più rappresentative della propria storia”.
“Questo aspetto, se vogliamo, dà la cifra della politica memoriale implementata dall’amministrazione putiniana – conclude Flores – facendo perno su Stalin e la vittoria nella Seconda guerra mondiale, sintesi dell’identità russo-sovietica, Putin è riuscito a creare una memoria collettiva enfatica e retoricamente positiva di tutta la storia nazionale, in cui lo zar e il comunismo convivono senza problemi, così come la Chiesa ortodossa e il periodo staliniano. Paradossalmente, più aumentava lo spazio per la conoscenza storica, più si è arretrati nella coscienza rispetto ai crimini dello stalinismo”.
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Alcuni libri dello storico Marcello Flores