Mentre il popolo ucraino resiste con enorme coraggio alla feroce invasione dell’esercito di Putin che ogni giorno si macchia di indicibili atrocità (come fece in Cecenia e in Siria), bagliori di opposizione interna alla guerra illuminano l’orrenda notte in cui è precipitata la Russia. Come le proteste delle ragazze femministe che si richiamano all’opposizione antinazista dei giovani tedeschi della Rosa Bianca.
Contro la guerra di Putin
Ragazze russe nel nome della Rosa Bianca
Editoriale di Vincenzo Passerini pubblicato sui quotidiani “l’Adige” e “Alto Adige”
del 12 aprile 2022
Mentre il popolo ucraino resiste con enorme coraggio alla feroce invasione dell’esercito di Putin che ogni giorno si macchia di indicibili atrocità (come fece in Cecenia e in Siria), bagliori di opposizione interna alla guerra illuminano l’orrenda notte in cui è precipitata la Russia. Come le proteste delle ragazze femministe che si richiamano all’opposizione antinazista dei giovani tedeschi della Rosa Bianca.
La storia l’ha raccontata Francesca Sforza in un bel servizio apparso nell’edizione di domenica 10 aprile di “Specchio”, il settimanale del quotidiano “La Stampa”: “Possono comparire davanti all’improvviso, e mettersi a sfilare in piccoli gruppi sui ponti di Mosca, nelle piazze di San Pietroburgo, tra le prospettive di Murmansk, Samaram Tver. Quando la polizia si avvicina per chiedere loro cosa stanno facendo e perché sono tutte vestite di nero, la risposta è: ‘Siamo in lutto’. Generalmente le lasciano andare. In mano portano una rosa bianca”.
Ma di solito cercano di allontanarsi quando vedono arrivare la polizia. Con la censura e le leggi repressive c’è da stare molto attenti.
Questi gruppetti di ragazze fanno parte di una rete chiamata “Resistenza femminista contro la guerra” che con l’invasione dell’Ucraina si mantiene collegata tramite Telegram.
Organizzano improvvise proteste, sempre con le rose bianche, e si dileguano.
Scrivono messaggi pacifisti sulle banconote.
Attaccano sugli scaffali dei supermercati messaggi adesivi in cui riportano i veri numeri delle vittime della guerra (parola proibita in Russia: quei massacri si chiamano “operazione speciale”).
Denunciano la violenza di genere . Diffondono, ad esempio, il diario di Irina Zherebkina, una donna ucraina che ora vive a Kiev col marito invalido, che denuncia gli stupri da parte dei soldati russi o i casi di prostituzione forzata imposti dagli invasori.
Si ispirano alle proteste della “Weisse Rose”, la Rosa Bianca, il gruppetto di studenti antinazisti di Monaco di Baviera che nel ‘43 furono giustiziati per aver diffuso di nascosto volantini (infilati sotto le porte o nelle bussole delle lettere) che spronavano i tedeschi ad opporsi a Hitler. Furono presi, processati e ammazzati.
La storia è ben nota anche in Trentino, dove ci sono scuole a loro intitolate e dove l’associazione italiana Rosa Bianca, fondata alla fine degli anni ’70 dal giornalista romano Paolo Giuntella, ha organizzato per molti anni i suoi incontri di formazione. T
ra gli studenti antinazisti tedeschi, oltre alla più nota, Sophie Scholl, c’era anche Alex Schmorell di origine russa, proclamato santo dalla chiesa ortodossa russa nel 2007.
Le ragazze della rete femminista che protesta oggi in Russia contro la guerra, anche quelle non credenti, racconta Francesca Sforza, postano foto su Telegram con l’immagine di Alex Schmorell.
Questo richiamo alla Rosa Bianca e a Schmorell è un modo per contestare esplicitamente sia il sostegno insistente del patriarca ortodosso Kirill all’aggressione di Putin all’Ucraina, sia l’ossessiva propaganda del regime che ha nell’ “antinazismo” il suo punto focale. I veri nazisti siamo noi russi, adesso, in Ucraina. Dobbiamo opporci alla guerra di Putin oggi, come ieri la Rosa Bianca ai opponeva a quella di Hitler.
Sono piccoli segni di resistenza in una Russia soffocata dalla propaganda e dalla repressione del dissenso. Ma, come quelli della Rosa Bianca, pure piccoli e di nessuna efficacia pratica nel contesto del regime hitleriano, ma di enorme significato morale, ci ricordano che lo spirito di verità e libertà non è morto nel popolo russo.
(ringrazio Fabio Caneri, presidente dell’Associazione Rosa Bianca, per avermi segnalato l’articolo di Francesca Sforza)