“Sono nemica di un esercito immorale e depravato. Sono nemica delle menzogne in Cecenia, nemica dei miti e delle leggende fabbricate dai propagandisti dell’esercito, nemica dei vigliacchi che osano portare le spalline.” (Anna Politkovskaja, dal libro “Cecenia, il disonore russo”)
Mentre L’Occidente faceva affari con Putin, Anna Politkovskaja denunciava i crimini e le repressioni del presidente russo.
Per questo fu assassinata
“Sabato 7 ottobre 2006, giorno del cinquantaquattresimo compleanno di Vladimir Putin, … la Politkovskaja – come tante donne moderne – stava facendo la spesa dopo una giornata di lavoro … Ha parcheggiato la sua vecchia Zigulì di fronte al suo condominio di via Lesnaja 8/12, in pieno centro di Mosca, e ha digitato il codice per aprire la porta d’ingresso.
La spesa era tanta e l’ha obbligata a fare due giri.
Durante il secondo viaggio, non appena le porte dell’ascensore si sono aperte, l’assassino le ha scaricato cinque colpi: tre al petto (due dei quali la colpiscono al cuore) e due alla testa. L’ultimo è quello di grazia, quello che a Mosca chiamano kontrolnij di controllo, sparato per essere certi che la giornalista non potesse più uscire viva da quell’ascensore”
(da Andrea Riscassi, Anna è viva. Storia di Anna Politkovskaja, una giornalista non rieducabile, Sonda, 2009, pp. 89-90).
Anna Politkovskaja aveva detto troppe verità sul regime di Putin, e proprio negli anni in cui tutti i principali Paesi europei facevano affari con lui. Berlusconi era il primo nella lista degli amici europei e volò anche a Mosca a festeggiare un compleanno di Putin, il 6 ottobre, non a commemorare la coraggiosa giornalista morta per la verità e la libertà. (Vedi su questo blog il profilo della giornalista tratto dal libro Tracce nella nebbia. Cento storie di testimoni)
La Politkovskaja scriveva sulla “Novaja Gazeta”, il giornale diretto da Dmitri Muratov, insignito del Premio Nobel per la pace nel 2021, e sostenuto da Gorbacev.
Il giornale è stato costretto a chiudere a marzo dopo l’invasione russa dell’Ucraina perché i tagli della censura cancellavano ogni parola scomoda per il regime, come la parola “guerra”. E il 5 settembre scorso un tribunale di Mosca ha revocato alla “Novaja Gazeta” la licenza di pubblicazione.
Ieri in Cecenia, oggi in Ucraina
Per capire i crimini dell’esercito russo in Ucraina sono illuminanti le coraggiosissime denunce di Anna Politkovskaja dei crimini commessi dai militari di Putin in Cecenia:
“In Cecenia siamo caduti in un buco nero, abbiamo allevato una tale quantità di assassini cinici da coprire l’intero fabbisogno di killer a pagamento del pianeta. Mi assumo la responsabilità delle mie parole: a dir poco una persona su due uccisa in Cecenia è un civile abbattuto in condizioni di giustizia sommaria. Ciò significa che migliaia di militari che hanno prestato servizio in Cecenia sono i realtà boia sistematici” (citato in A. Ricassi, Anna è viva…, p. 91).
Lei raccontava la verità, quella verità che Putin non tollerava, come oggi non tollera la verità sull’aggressione e i crimini in Ucraina, dove, non a caso, gli ufficiali e i militari ceceni si sono macchiati dei più feroci crimini contro i civili.
“Vedo tutto, io. È questo il mio problema. Vedo le cose belle e vedo le cose brutte. Vedo che le persone vogliono cambiare la propria vita per il meglio ma che non sono in grado di farlo, e che per darsi un contegno continuano a mentire a se stesse per prime, concentrandosi sulle cose positive e facendo finta che le negative non esistano.
Per il mio sistema di valori è la posizione del fungo che si nasconde sotto la foglia. Lo troveranno comunque, è praticamente certo, lo raccoglieranno e se lo mangeranno. Per questo, se si è nati uomini, non bisogna fare i funghi” (Anna Politkovskaja, cit. in A. Riscassi, Anna è viva…).
Il regime di Putin non poteva lasciar parlare una voce così libera.
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Due importanti libri della Politkovskaja e una nuova biografia su di lei:
Una nuova e aggiornata biografia della giornalista scritta da Cecilia Alfier (con una intervista alla figlia Vera):