«Più passa il tempo e più la sua grandezza si impone, mentre più torbido si rivela l’intreccio di brigatismo e camaleontico golpismo che, probabilmente, ne decretò la fine. La loggia massonica P2 imperava, anche in cruciali istituzioni della Repubblica.»
Aldo Moro
Allargare le basi sociali della democrazia
di Vincenzo Passerini
Dal libro “Tracce nella nebbia. Cento storie di Testimoni”
In vita e in morte Aldo Moro cambiò la storia d’Italia.
Il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia in mano alle Brigate Rosse, fu trovato crivellato di colpi in un’auto nel cuore politico della capitale.
Più passa il tempo e più la sua grandezza si impone, mentre più torbido si rivela l’intreccio di brigatismo e camaleontico golpismo che, probabilmente, ne decretò la fine. La loggia massonica P2 imperava, anche in cruciali istituzioni della Repubblica.
Il 16 marzo, quando era stato rapito, i terroristi avevano ucciso gli uomini che lo proteggevano: i poliziotti Raffaele Iozzino (30 anni), Giulio Rivera (24), Francesco Zizzi (30) e i carabinieri Oreste Leonardi (52) e Domenico Ricci (44).
Aldo Moro nasce a Maglie, in Puglia, il 23 settembre 1916, secondo di cinque figli di Fida e Renato.
Il padre, ispettore scolastico, è agnostico e laicista, la madre, maestra, ha una religiosità cristiana aperta. Si trasferiscono a Bari, dove Moro frequenta giurisprudenza.
È presidente nazionale della Fuci (universitari cattolici), il cui assistente è Montini, futuro papa Paolo VI. Saranno amici fino alla fine.
Attraversato il fascismo con la mediocre adesione dei più, Moro viene cambiato, come i più, dalla guerra.
Giurista, non lascerà mai la docenza universitaria.
Alla Costituente, eletto per la Democrazia Cristiana di cui sarà uno dei maggiori leader, fa parte del Comitato dei 18.
I diritti della persona anteriori allo Stato (personalismo cattolico) e il ruolo dello Stato come promotore di giustizia sociale (visione socialista-marxista) sono i principi che ispirano la Costituzione e Moro è tra gli artefici della loro formulazione.
Scrive nel 1947: “Senza che diventi sociale, la democrazia non può essere neppure umana”. È il cuore della sua azione politica che ha come riferimento Giuseppe Dossetti. Attuare la Costituzione vuol dire anche allargare progressivamente le basi sociali della democrazia, includendovi le forze di sinistra emarginate dalla guerra fredda, ma rappresentative di larghi strati popolari.
Moro nel ’59 guida la nascita del centrosinistra (Dc-Socialisti) e a metà degli anni ’70 la politica di solidarietà nazionale col Partito comunista di Berlinguer. Passaggi storici duramente contrastati, dentro e fuori l’Italia.
L’eliminazione di Moro bloccò il coinvolgimento del Pci e inaugurò la “Grande depressione politica”, culminata nel naufragio della Repubblica.
Il delitto colpì nel profondo il popolo italiano.
Sulle falde trentine del Monte Baldo, a fianco della strada che porta alla cima dell’Altissimo, sovrastante l’altipiano di Brentonico a oriente e il Garda a occidente, Augusto Girardelli, albergatore, mentre piantava mezzo milione di alberi su quelle spoglie pendici, collocò un cippo in ricordo di Moro.
Un atto di pura riconoscenza, lassù, tra i sempreverdi.
***
Per saperne di più:
- Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Einaudi, Torino 2021.
- Aldo Moro, Il fine è l’uomo, Edizioni di Comunità, Roma 2018.
- Aldo Moro, Governare per l’uomo, a cura di Michele Dau, Castelvecchi,Roma 2016.
- Miguel Gotor, Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano, Einaudi, Torino 2020.
- Marco Damilano, Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia, Feltrinelli, Milano 2019.
- Guido Formigoni, Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma, Il Mulino, Bologna 2016.
- Achille Ardigò, Paolo Giuntella, Roberto Ruffilli, Pietro Scoppola, Aldo Moro e Vittorio Bachelet. Memoria per il futuro, a cura di VincenzoPasserini, Il Margine, Trento 2008.