«Questo, al momento, è il prezzo che si paga in Russia per non voler stare zitti. Ma so anche che verrà il giorno in cui le tenebre sul nostro paese si disperderanno. In cui il nero sarà chiamato nero e il bianco, bianco; in cui si riconoscerà ufficialmente che due più due fa comunque quattro; in cui la guerra sarà chiamata guerra e l’usurpatore, usurpatore; e saranno detti criminali quelli che l’hanno fomentata e scatenata, e non quelli che hanno cercato di fermarla.»
(Vladimir Kara-Murza ai giudici)
Con Vladimir che ha detto no a Putin
di Vincenzo Passerini
Editoriale sul settimanale diocesano “Vita trentina” uscito il 4 maggio 2023 (data di testata domenica 7 maggio 2023)
I grandi testimoni di pace e di giustizia ci sono anche oggi. Onoriamoli, da vivi. Difendiamoli. Non aspettiamo che muoiano per celebrarli negli anniversari.
Vladimir Kara-Murza, 41 anni, intellettuale e giornalista russo, padre di tre figli, poteva starsene al sicuro all’estero dopo aver duramente condannato l’aggressione del suo Paese all’Ucraina. Invece è tornato in Russia già un anno fa, sapendo a cosa andava incontro. Ma voleva stare col suo popolo, accanto alle coscienze libere del suo popolo nel momento più drammatico, quando si finisce in carcere per chiamare guerra la guerra.
Lo hanno arrestato il 22 aprile 2022 con l’accusa di diffondere “false notizie” sull’esercito russo. E per “alto tradimento” per i suoi discorsi contro la guerra e il regime di Putin.
Dopo un anno di prigione in attesa di giudizio, il 17 aprile scorso il tribunale di Mosca l’ha condannato a 25 anni di carcere. La più lunga condanna sotto il regime di Putin, che ci riporta agli anni ’30 staliniani.
Prima della sentenza, avendo la possibilità di dire la sua “ultima parola”, e anche di pentirsi, Vladimir Kara-Murza aveva dichiarato: “Non solo non mi pento di nulla, ma ne vado fiero. Sono i criminali che si devono pentire. Io invece mi trovo in prigione per le mie opinioni politiche. Perché ho parlato contro la guerra in Ucraina.”
Vale la pena riprendere un altro passo del discorso di questo grande testimone di pace e di giustizia di fronte ai giudici che lo stavano condannando a una pena così disumana.
Parole appassionate e piene di fiducia nella “resurrezione” del popolo russo.
Parole di cui abbiamo bisogno anche noi per continuare a credere nella possibilità di riscatto della Russia, oggi annichilita dalla propaganda e dalla repressione di Putin:
“Questo, al momento, è il prezzo che si paga in Russia per non voler stare zitti. Ma so anche che verrà il giorno in cui le tenebre sul nostro paese si disperderanno. In cui il nero sarà chiamato nero e il bianco, bianco; in cui si riconoscerà ufficialmente che due più due fa comunque quattro; in cui la guerra sarà chiamata guerra e l’usurpatore, usurpatore; e saranno detti criminali quelli che l’hanno fomentata e scatenata, e non quelli che hanno cercato di fermarla. Questo giorno verrà, com’è vero che la primavera arriva ineluttabilmente anche dopo l’inverno più crudo. E allora la nostra società aprirà gli occhi e rimarrà inorridita dai delitti orrendi che sono stati perpetrati nel suo nome. A partire da questa constatazione, da questa coscienza, comincerà un cammino lungo e difficile, eppure così importante per tutti noi, che porterà a guarire e a ricostruire la Russia, per farla tornare nel consesso delle nazioni civili. Persino oggi, persino nel buio che ci circonda, persino dentro questa gabbia in cui siedo, io amo il mio paese e credo nella nostra gente. Credo che sapremo percorrere questa strada» (il discorso è stato tradotto e pubblicato da Marta Dell’Asta sul sito della rivista “La Nuova Europa” www.lanuovaeuropa.org)
La moglie di Vladimir Kara-Mura, Evgeniya, ha diffuso un messaggio in cui si rivolge al marito dicendogli “Sono orgogliosa di te” e lodando il suo coraggio e la sua coerenza nei tanti anni di impegno.
Il Parlamento Europeo il 20 aprile scorso ha approvato con 508 voti favorevoli, 14 contrari e 31 astensioni, una risoluzione in cui si condanna fermamente la sentenza per motivi politici comminata a Kara-Murza e ha chiesto l’immediato suo rilascio e quello degli altri oppositori politici, a partire da Alexei Navalny. Preoccupazione è stata anche espressa per le condizioni di salute dei due principali oppositori di Putin in carcere, per i maltrattamenti e la mancanza di cure mediche adeguate.
Non dobbiamo abbandonare al loro destino questi testimoni di pace e di giustizia. Né tutti gli altri incriminati, imprigionati, condannati, in attesa di giudizio per aver criticato la guerra.
Secondo il sito indipendente OVD-Info (https://en.ovdinfo.org), dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina hanno subito l’incarcerazione 19.586 persone per le proteste pacifiste e 527 sono state incriminate con gravi accuse che comportano condanne dai 3 ai 5 ai 10 ai 15 anni. Ma anche di più, come si è visto, quando vengono assommati i vari reati d’opinione. Possiamo vedere sul sito (almeno nella versione inglese, per quanto più ridotta e meno aggiornata) i loro nomi, i loro volti, talvolta le loro storie. Tanti i giovani e le ragazze tra questi coraggiosi testimoni del nostro tempo. Non lasciamoli soli.