«Visse l’utopia della fraternità come la missione della sua vita. E la volle concretizzare spendendosi totalmente nel volontariato internazionale. Accanto agli oppressi, ai deboli, alle vittime. (…)
È del 2002 il primo viaggio in Palestina, a Gaza, con i movimenti pacifisti che si proponevano di svolgere azione di interposizione nonviolenta tra l’esercito israeliano e i palestinesi. Le sofferenze e l’oppressione subite dal popolo palestinese lo angosciano. Ma critica l’estremismo di Hamas e la corruzione di Al-Fatah. (…)
Inventa lo slogan “Restiamo umani” con cui chiude i suoi servizi.»
Vincenzo Passerini
Vittorio Arrigoni: “Restiamo umani”
di Vincenzo Passerini
tratto dal libro “Tracce nella nebbia. Cento storie di Testimoni”
Vittorio Arrigoni scrisse in un tema scolastico: “Noi dobbiamo seguire la via dell’amore, la via più giusta che ci spinge a morire per la salvezza degli altri”. Aveva 11 anni. I bambini hanno meno pensieri infantili di quanto crediamo. Si pongono grandi domande, si danno grandi risposte. O le cercano, dentro il loro universo spesso impenetrabile.
Nato il 4 febbraio 1975 a Besana in Brianza (Monza), residente nel vicino paese di Bulciago (Lecco), Vittorio ebbe in dono dai genitori, Egidia Beretta e Ettore Arrigoni, piccolo industriale, il tarlo dell’amore per gli altri. Gli studi di ragioneria e l’impiego nell’azienda paterna non gli potevano bastare.
Visse l’utopia della fraternità come la missione della sua vita. E la volle concretizzare spendendosi totalmente nel volontariato internazionale. Accanto agli oppressi, ai deboli, alle vittime. Nella ex Jugoslavia uscita dalla guerra civile, in Perù con l’Operazione Mato Grosso, nell’Est Europa a costruire opere per orfani, disabili, senza dimora. E in Africa: Togo, Ghana, Tanzania.
Andò, scrisse, “dove la miseria e la guerra segnano per sempre”, “dove c’era sempre qualcosa per cui valeva la pena sudare sangue”.
Nella fratellanza aveva trovato un senso per i suoi giorni. “Queste esperienze mi donano la pura essenza del vivere”.
È del 2002 il primo viaggio in Palestina, a Gaza, con i movimenti pacifisti che si proponevano di svolgere azione di interposizione nonviolenta tra l’esercito israeliano e i palestinesi. Le sofferenze e l’oppressione subite dal popolo palestinese lo angosciano. Ma critica l’estremismo di Hamas e la corruzione di Al-Fatah.
Decide di impegnarsi su due fronti: diritti umani e informazione.
Dà vita, nel 2004, al blog Guerrilla Radio per lottare contro la disinformazione. Racconta con precisione, puntualità e umanità quello che vede.
Inventa lo slogan “Restiamo umani” con cui chiude i suoi servizi.
Il blog è seguitissimo. Lui subisce aggressioni ed espulsioni. Ma torna sempre.
Nel dicembre 2008 Israele scatena l’operazione “Piombo fuso” contro Hamas a Gaza. Una strage: 1400 morti. Soprattutto civili, tra i quali 253 bambini.
Vittorio è l’unico giornalista internazionale presente. Fa anche il volontario sulle ambulanze che soccorrono i feriti. Vede i corpi degli uccisi e le devastazioni, i missili sulle ambulanze e le bombe che colpiscono indiscriminatamente.
Racconta, con umanità e precisione, la verità di tanto strazio, occultata dall’informazione ufficiale, in memorabili reportage pubblicati dal “Manifesto”. “Immaginatevi se non ci fosse stato nessuno a raccontarlo questo massacro”, dirà.
Tra il 14 e il 15 aprile 2011 un gruppo di salafiti, fondamentalisti islamici, lo sequestra e lo uccide.
Ricordatevi, ha scritto sua madre, che le armi di Vittorio erano solo la parola e la testimonianza.