Che coraggio questi oppositori russi alla feroce guerra all’Ucraina. Denunciano l’aggressione, non sono equidistanti, chiamano le cose con il loro nome, inorridiscono per i crimini del loro esercito, attaccano Putin. Finiscono in carcere. Il simbolo è lei, l’ottantenne Ludmila Nikolaevna Vasilyeva, sopravvissuta al lunghissimo e atroce assedio nazista di Leningrado (San Pietroburgo).
Gli oppositori russi alla guerra di Putin
di Vincenzo Passerini
Editoriale pubblicato sul settimanale diocesano “Vita trentina” di giovedì 5 maggio 2022, data di testata domenica 8 maggio 2022.
Che coraggio questi oppositori russi alla feroce guerra all’Ucraina. Denunciano l’aggressione, non sono equidistanti, chiamano le cose con il loro nome, inorridiscono per i crimini del loro esercito, attaccano Putin. Finiscono in carcere.
Il simbolo è lei, l’ottantenne Ludmila Nikolaevna Vasilyeva, sopravvissuta al lunghissimo e atroce assedio nazista di Leningrado (San Pietroburgo). E per questo protetta dalle dure persecuzioni che colpiscono gli altri oppositori.
In un video girato col telefonino, due poliziotti la prendono sottobraccio, le tolgono i cartelli di protesta, la caricano su un furgone pieno di manifestanti, la portano in commissariato.
Ludmila era andata subito in piazza a protestare
Siamo a San Pietroburgo, è il 24 febbraio, la mattina dopo l’invasione dell’Ucraina. Lei ne ha avuto notizia da una emittente indipendente (ora chiusa dalla censura). È andata subito davanti ai grandi magazzini del Gostiny Dvor, sulla Prospettiva Nevsky, per unirsi alle proteste delle ragazze pacifiste. Lei è trattata gentilmente, le ragazze brutalmente. Come migliaia di altri pacifisti e oppositori, picchiati e arrestati.
Non demorde. Tornerà a protestare in piazza il 27 febbraio. Altro arresto. Ai poliziotti dice: “Volete che i vostri figli crescano in un Paese come questo?”. Loro abbassano gli occhi.
Ludmila lo racconta a Federico Varese che è riuscito a telefonarle e a scriverne in un bel reportage per “la Repubblica” del 20 marzo, intitolato “Ribellione russa”.
Putin: “Moscerini da sputare fuori”
La repressione di Putin contro gli oppositori si è fatta sempre più spietata. Il 16 marzo il despota dichiara alla televisione: «Comunque, ogni nazione, soprattutto quella russa, è sempre capace di distinguere i veri patrioti dai bastardi e dai traditori, e sputare fuori questi ultimi come moscerini finiti per sbaglio in gola.»
Puro linguaggio stalinista. Sputar fuori i moscerini. Schiacciarli. Col carcere, il licenziamento, l’isolamento, le umiliazioni, le minacce, l’esilio.
Magari avvelenarli a morte, come è accaduto a importanti oppositori politici. Navalny, il principale oppositore, è sopravvissuto all’avvelenamento, ma è in carcere con una condanna a nove anni.
O “suicidarli”, come sta accadendo.
O ammazzarli, come è stato fatto con diversi giornalisti coraggiosi, come l’indimenticabile Anna Poltkovskaja, nel 2006. Il suo giornale, la Novaja Gazeta, diretto dal premio Nobel per la pace 2021, Dmitrj Muratov, è stato costretto a chiudere il 28 marzo, e a spostare la redazione a Riga, in Lettonia, a causa delle nuove leggi sulla censura che impediscono di chiamare guerra la guerra e prevedono condanne anche per gesti, atteggiamenti, allusioni. Basta essere “sotto l’influenza straniera” per essere considerati traditori. Stalinismo.
Il premio Nobel per la pace, Muratov, aggredito
Muratov, che denunciò ad alta voce la possibile guerra all’Ucraina nel discorso di accettazione del premio Nobel per la pace il 10 dicembre scorso a Stoccolma (discorso pressoché ignorato in Italia, ma che ho tradotto dall’inglese e pubblicato sul mio blog www.itlodeo.info), è stato aggredito con spruzzi di vernice rossa in viso il 7 aprile, a Mosca, mentre era sul treno.
Un altro grande oppositore, Vladimir Kara-Murza, storico, giornalista, regista, politico, sopravvissuto a due avvelenamenti, è stato arrestato ed è in carcere in attesa del processo dopo che aveva dichiarato a una emittente straniera che al Cremlino c’è “un manipolo di criminali”.
La verità non si può dire, la propaganda deve dominare incontrastata.
Nelle prime settimane le proteste erano state moltissime, poi stroncate dalle dittatoriali leggi sulla censura che prevedono 15 anni di carcere ai “moscerini” che protestano e che vanno schiacciati, per dirla alla Putin (che trova perfino ascoltatori compiacenti anche in Italia: ma è già accaduto con Stalin, con Hitler, e di nostro, in fatto di ascolto beota e criminale, ci abbiamo messo Mussolini, che non è poco, e non è ancora finita visti i neofascisti che imperversano anche sotto falso nome).
Scienziati, infermieri, giornalisti, insegnanti, artisti, informatici, giornalisti, cittadini contro la guerra
In un appello contro la guerra firmato a fine marzo da quasi 8000 scienziati, tra cui il premio Nobel per la Fisica, Konstantin Novosiolov, si diceva: “Questa guerra non ha giustificazioni. I tentativi di sfruttare il Donbass come pretesto non sono credibili. È del tutto evidente che l’Ucraina non rappresenta una minaccia per il nostro Paese”.
Un altro appello era stato firmato da 15.000 medici, infermieri, paramedici. Le proteste avevano raccolto poi 5.000 firme di insegnanti di scuola media, 10.000 studenti e professori universitari, giornalisti, 100 economisti, 30.000 informatici, psicologi, cineasti, come il regista Andrey Zvyagintsev, Leone d’oro a Venezia nel 2003 per “Il ritorno”.
Mentre ben 1.200.000 cittadini comuni avevano sottoscritto la lettera dell’ottantenne storico Lev Ponomaryov, ex dissidente e collaboratore di Sacharov, premio Nobel per la pace 1975, che condannava la decisione “criminale” della guerra all’Ucraina (in queste settimane Ponomaryov è stato aggredito e minacciato ripetutamente).
270 preti ortodossi contro il patriarca Kirill, accanito guerrafondaio
Il 14 marzo c’è stata la clamorosa protesta della giornalista Marina Ovsyannikova che aveva fatto irruzione sugli schermi della televisione di Stato durante il telegiornale con un cartello contro la guerra.
Le repressioni sono diventate sempre più spietate.
Ma non tutti gli oppositori demordono. Inventano nuove forme, usano i social, come Telegram. Che esempio meraviglioso di amore per la verità e la libertà.
Come i 270 preti ortodossi che hanno diffuso un appello contro la violenta aggressione all’Ucraina sostenuta dal patriarca Kirill, il più accanito alleato di Putin.
Quante storie di oppositori si potrebbero raccontare. Una cosa hanno in comune. La denuncia senza sconti della responsabilità di Putin, che conoscono bene, nella guerra. Senza se, senza ma, senza ambiguità, senza “complessità di cui tener conto”.
Lo storico Zubov, licenziato: “Putin vuole ricostruire l’Urss”
Per tutti loro potrebbe parlare lo storico russo Andrej Zubov che nel 2014 paragonò l’annessione russa della Crimea all’annessione (Anschluss) dell’Austria alla Germania di Hitler nel 1938. Per quella sua denuncia fu licenziato dall’Istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali.
Dice Zubov: “Da ex agente del Kgb e homo sovieticus, Putin pensa che il crollo dell’Urss sia stato un errore e sta facendo di tutto per correggerlo. Vuole riunificare l’impero russo, l’Urss. E senza l’Ucraina, l’ex Stato sovietico più grande dopo la Russia, nessuna riunificazione è possibile.”
Questa la ragione della guerra. La folle “ragione” dei bombardamenti sulle città, dei massacri di civili innocenti, delle violenze su donne e bambini, dei cinque milioni di profughi.
La propaganda cerca di nascondere questa folle “ragione” e i suoi crimini. Ma noi dobbiamo instancabilmente contrastarla.
Editoriale pubblicato sul settimanale diocesano “Vita trentina” uscito giovedì 5 maggio 2022, data di testata domenica 8 maggio 2022.