Non cessano le stragi di migranti, in mare e sulla terra ferma. Nei giorni scorsi sono avvenute due orrende tragedie in Texas e in Marocco. Ecco gli articoli di Ansa, Il Post, Articolo21.
Pensavano di viaggiare verso il sogno americano
Ansa, New York, 28 giugno 2022
Pensavano di viaggiare verso il sogno americano e invece sono morti asfissiati, schiacciati dentro a un camion senza un filo d’aria né un sorso d’acqua in quella che è la più grave strage di migranti nella storia degli Stati Uniti.
Cinquanta morti e oltre una decine di feriti, tra cui quattro bambini, sono stati trovati in un camion abbandonato a San Antonio, in Texas, dove in questi giorni le temperature hanno superato i 40 gradi.
Provenivano quasi tutti da Messico, Guatemala e Honduras.
Una tragedia che è presto diventata caso politico e un nuova grana per l’amministrazione Biden, dopo l’aborto e le armi.
Già sotto pressione per il massacro di bambini e insegnanti nella scuola elementare Robb di Uvalde, il governatore del Texas, il repubblicano iperconservatore Greg Abbott, ha subito attaccato il presidente. “Queste morti sono le sue. Sono il risultato della sua politica dei confini aperti e la conseguenza del suo rifiuto ad attuare la legge”.
Il governatore, alleato di Donald Trump che vuole completare il muro con il Messico avviato dall’ex presidente, da tempo denuncia l’emergenza migranti nello Stato: solo nell’ultimo mese, 44.000 persone hanno attraversato il confine illegalmente fra Del Rio e Eagle Pass, le città di confine più vicino a San Antonio, da anni importante centro di passaggio per milioni di migranti.
Immediata la replica di Biden, che ha bollato come “vergognoso” lo sfruttamento di una tragedia a scopi politici. La strage di migranti è “orribile e ci spezza il cuore”, ha detto il presidente, assicurando che la sua amministrazione è impegnata nella lotta contro i trafficanti di armi.
“Questa tragedia – ha sottolineato Biden – mette in evidenza la necessità di perseguire l’industria multimiliardaria dei trafficanti che depreda i migranti e causa troppe vittime innocenti”.
“Signore, abbi pietà di loro, speravano in una vita migliore. Dopo Uvalde ora questo, signore aiutaci”, è stato l’accorato appello dell’arcivescovo della città texana, Gustavo Garcia-Siller.
A fare la macabra scoperta è stato un abitante del posto che aveva sentito un flebile grido d’aiuto provenire dalla direzione in cui era stato abbandonato il camion. I pochi sopravvissuti, che hanno visto cinquanta dei loro compagni di viaggio morire di sete e caldo, ora sono ricoverati in ospedale.
La polizia ha fermato tre persone ma non ha chiarito il loro ruolo nella strage di San Antonio o se tra queste ci sia l’autista.
La tragedia è la peggiore della storia americana ed è l’ennesima in Texas.
Nel 2003 diciannove migranti furono trovati morti in un camion nello stato di confine: l’autista del mezzo aveva chiesto 7.500 dollari a persona per il ‘passaggio’ e non aveva mai acceso l’aria condizionata tanto che all’interno del camion le temperature avevano superato i 70 gradi.
Nel 2017, 10 migranti sono stati trovati morti sempre in Texas a bordo di un camion in un parcheggio di Walmart. Infine il 4 agosto dell’anno scorso dieci migranti sono rimasti uccisi e altre 20 feriti dopo che il furgone sul quale viaggiavano si è schiantato vicino al confine a Encino, ancora in Texas.
Cosa è successo venerdì a Melilla
Decine di migranti sono morti mentre cercavano di entrare nell’exclave spagnola in Marocco, e ci sono polemiche sul governo di Sánchez
Il Post, 26 giugno 2022
Stando alle stime di alcune organizzazioni che si occupano di diritti umani, 37 migranti africani sono morti venerdì mattina mentre provavano a entrare nel territorio spagnolo a Melilla, l’exclave spagnola nel Marocco orientale.
In questi giorni i fatti di Melilla sono stati molto commentati sulla stampa spagnola sia perché quello di venerdì è stato il tentativo di ingresso di migranti più grande degli ultimi tempi attraverso l’exclave, sia perché per ore le autorità marocchine non avevano detto esattamente cosa fosse successo né se ci fossero morti e quanti. Ancora adesso ci sono versioni contrastanti sul numero ufficiale.
Il giornale spagnolo El País ha provato a ricostruire quello che è successo venerdì mattina, partendo dall’allerta lanciata dalla gendarmeria marocchina alla Guardia Civil spagnola, che presidia la cosiddetta “valla”, ovvero le due barriere che dividono il Marocco dalla Spagna attorno a Melilla.
Alle 6:40 di venerdì 24 giugno, la gendarmeria marocchina aveva avvertito che circa 1.500 migranti, provenienti perlopiù da paesi subsahariani, si stavano avvicinando all’exclave con l’intento di entrare in territorio spagnolo dalla barriera di Barrio Chino, a sud-est di Melilla. Attorno alle 8.30 circa 500 persone avevano provato effettivamente a farlo, accalcandosi attorno alle barriere, mentre gli agenti marocchini cercavano di gestire la situazione. 133 persone erano riuscite a entrare, molte altre no.
Per alcune ore erano circolate informazioni molto frammentarie su ciò che stava succedendo a Melilla. Attorno a mezzogiorno il quotidiano La Razón aveva parlato di 40 morti tra i migranti e di cinque tra le forze dell’ordine; nel primo pomeriggio l’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH) della città di Nador, molto attiva sul tema dei migranti, aveva dato notizia dell’attacco alla valla, parlando di «molti feriti», ma non era stata in grado di verificare la presenza di morti.
Solo alcune ore dopo le autorità di Nador avevano diffuso un comunicato in cui confermavano che cinque migranti erano morti nella calca, oppure cadendo dalle barriere che stavano cercando di scavalcare. La sera successiva avevano comunicato la morte di altri 13 migranti che erano stati feriti gravemente, portando il bilancio totale dei morti a 18.
Ancora adesso ci sono informazioni contrastanti sul numero delle persone morte. Secondo AMDH e la ong spagnola Caminando Fronteras venerdì sono morti 37 migranti e due agenti delle forze dell’ordine marocchine, e sono state ferite almeno 76 persone, di cui 13 in maniera grave; secondo le autorità di Nador i morti sono invece 23 e i feriti 35, di cui due poliziotti. Fonti del governo spagnolo citate dal Diario parlano di 57 migranti con «ferite di varie entità» e 49 agenti «feriti lievemente».
Il numero comunque potrebbe non essere definitivo.
Alcuni video circolati sui social network mostrano decine di migranti inermi a terra, in cui non è chiaro chi sia morto e chi no. In altri si vedono agenti marocchini lanciare pietre addosso ai migranti e, in almeno due occasioni, colpire alcuni di loro, senza che questi oppongano resistenza.
Un altro dei motivi per cui i fatti di Melilla stanno ricevendo molte attenzioni dalla stampa spagnola è la reazione del governo del primo ministro socialista Pedro Sánchez.
Quello di venerdì è il primo ingresso massiccio di migranti a Melilla da quando lo scorso marzo il governo spagnolo aveva espresso sostegno al governo marocchino rispetto alla questione del Sahara occidentale (un’ex colonia spagnola, contesa tra il Marocco e il movimento nazionalista del Fronte Polisario), allentando una crisi diplomatica che durava da anni. Sánchez ha definito il “salto” della valla di Melilla un «assalto violento» e ha giustificato l’intervento delle forze dell’ordine marocchine, sostenendo che i responsabili della situazione siano le «mafie coinvolte nella tratta di esseri umani».
Il suo governo è inoltre stato criticato per aver fatto ricorso in alcuni casi alle “devoluciones en caliente”, un particolare sistema di respingimenti rapidi che ha consentito alle autorità del paese di espellere i migranti arrivati a Melilla, senza prenderne le generalità e senza consentire loro di fare richiesta di asilo o altri tipi di protezione.
Varie organizzazioni per i diritti umani hanno scritto un comunicato congiunto invocando l’apertura di un’indagine indipendente per fare chiarezza su quanto accaduto.
Strage Melilla, Sanchez e autorità marocchine smentiti da video e testimonianze
Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez difende il modo in cui la polizia del Marocco e quella spagnola hanno respinto i migranti a Melilla venerdì scorso, mentre provavano ad attraversare il confine per entrare nell’enclave spagnola nel Nord Africa, e definisce il tentativo di attraversamento della frontiera in cui sono morte 23 persone, secondo le fonti ufficiali a fronte dei 37 denunciati dalle ong sul posto, “un attacco ai confini della Spagna“.
“Dobbiamo ricordare che molti di questi migranti hanno attaccato i confini della Spagna con asce e ganci”, ha detto Sanchez in un’intervista rilasciata ad Associated Press a Madrid alla vigilia del summit Nato al via oggi.
“Stiamo parlando di un tentativo di assalto alla recinzione che è stato evidentemente condotto in modo aggressivo e quindi ciò che le forze di sicurezza dello Stato spagnole e le guardie marocchine hanno fatto è stato difendere i confini della Spagna” insiste il premier spagnolo.
Ma testimonianze e video, che vi proponiamo con l’avvertenza che si tratta di immagini scioccanti, lo smentiscono.
Si è trattato di un vero e proprio atto repressivo di una violenza inaudita mentre i feriti sono stati lasciati agonizzanti tra i corpi dei morti senza assistenza.
Fatti che dimostrano una sistematica violazione dei diritti umani da parte di uno Stato che ha scelto di svolgere il ruolo di polizia anti migranti per conto della Spagna in cambio di finanziamenti per la gestione ‘esternalizzata’ delle frontiere esterne dell’Unione europea.
In un video registrato da un immigrato sudanese che ha partecipato al salto oltre la recinzione di Melilla, lo stesso afferma che era stata la polizia marocchina a invitarli a saltare.
“Sono stati loro a dirci che dobbiamo andare nel luogo dell’associazione e poi attraversare. Ti lasceremo passare in qualche modo, mi ha detto un giovane poliziotto. Ci hanno portato lì e ci hanno detto di provare ancora una volta” racconta visibilmente turbato.
Le autorità in Marocco hanno attribuito le vittime a una “calca” di persone che si è formata mentre centinaia provavano a scalare la doppia recinzione di ferro di 12 metri di Melilla. Ma le organizzazioni non profit che lavorano in Nord Africa e le organizzazioni per i diritti umani hanno puntato il dito contro il trattamento riservato ai migranti dalla polizia di entrambe le parti e hanno attribuito la responsabilità dei fatti anche ai funzionari spagnoli e dell’Unione europea che, secondo loro, hanno essenzialmente esternalizzato i controlli alle frontiere in Marocco e in altri Stati.
Sanchez, il cui governo sta cercando di migliorare i legami con il Marocco a seguito di un’aspra disputa diplomatica sul Sahara occidentale, si è rifiutato di criticare la repressione e dal palazzo alla periferia di Madrid che ospita il suo ufficio e la sua residenza, ha detto che i suoi pensieri sono rivolti alle famiglie di coloro che sono morti, ma per la tragedia ha accusato “reti internazionali di traffico di esseri umani che traggono profitto dalla sofferenza degli esseri umani che vogliono solo cercare una vita migliore”.
Insomma rivendica la sua posizione sottolineando che si tratta di contrasto a “gruppi mafiosi internazionali che stanno danneggiando non solo l’integrità territoriale della Spagna ma anche quella del Marocco, che è un Paese che soffre di questa migrazione irregolare”.
Nel summit Nato a Madrid si punta a riscrivere la strategia di difesa dell’Alleanza per i prossimi 10 anni: l’invasione russa dell’Ucraina sarà al centro della riunione di mercoledì e giovedì, ma si discuterà anche della sua posizione Nato sull’Africa, dove i mercenari russi si stanno aggiungendo alle preoccupazioni per immigrazione, estremismo e impatto di povertà e cambiamento climatico.
Ma, come sempre, sulla “questione” migranti il risultato finale sarà una dichiarazione di intenti sterile che non produrrà interventi efficaci e risolutori.
Fonte Focus on Africa