Il 15 ottobre si svolgeranno in Polonia le elezioni politiche. Gli elettori saranno chiamati a esprimersi anche su quattro referendum, riguardanti la vendita di beni statali a entità straniere, l’età pensionabile, la possibile rimozione del muro al confine con la Bielorussia e le procedure di ricollocazione dei migranti. Il quesito di quest’ultimo è assurdo e fa capire il degrado della democrazia in cui è precipitato il Paese sotto la destra. La Polonia accogliente riuscirà a sconfiggere il 15 ottobre quella xenofoba? Magdalena Chodownik ha scritto per euronews. l’articolo che qui riproduciamo.
Il referendum polacco aumenterà la distanza con l’Ue o segnerà la fine del governo di Morawiecki?
Di Magdalena Chodownik, 31/08/2023 euronews.
Il parlamento polacco ha votato a favore di un referendum sull’immigrazione da tenersi lo stesso giorno delle legislative il prossimo 15 ottobre.
Con il referendum, Varsavia vuole mettersi di traverso a Bruxelles dove si negozia il patto su migrazione e asilo.
Per l’opposizione la consultazione popolare interferisce con il voto per il rinnovo del parlamento a favore dell’attuale maggioranza. Accuse che quest’ultima rispedisce al mittente. Come sottolinea Piotr Kaleta di Diritto e giustizia: “È necessario interrogare i polacchi su quelle che questioni importanti e cruciali. Mi sembra che non ci sia nulla di più importante in questo momento per i nostri cittadini della sicurezza intesa in senso ampio – sicurezza militare, sicurezza economica, sicurezza sanitaria, sicurezza economica, ed è per questo che il referendum è necessario e si terrà”
I quesiti referendari sono quattro
I quesiti referendari sono 4 e riguardano la vendita di beni statali a entità straniere, l’età pensionabile, la possibile rimozione del muro al confine con la Bielorussia e le procedure di ricollocazione dei migranti.
Per Anna Chmielewska di Ocelenie Foundation: “I quesiti [sulla migrazione] sono formulati in modo molto vago. C’è un riferimento ai diritti dei migranti, che non dovrebbe essere affatto presente nel referendum perché i diritti dei migranti sono diritti umani e i diritti umani non dovrebbero essere oggetto di un quesito referendario; ( dovrebbero derivare da una politica migratoria, modellata sulla base del diritto internazionale e di quello polacco)”.
Per l’opposizione il referendum non ha alcun senso, cavalca piuttosto i temi principali della campagna elettorale del partito al governo e accusa il partito Diritto e giustizia di usare il referendum per la propria campagna elettorale. Con l’aggravante che la campagna referendaria può essere finanziata con fondi statali.
Come sottolinea Borys Budka presidente del partito Piattaforma civica: ” Questo non è un referendum, è solo la campagna elettorale del partito Diritto e giustizia, che in questo modo aggira il finanziamento della sua campagna. È chiaro che le risposte a queste domande sono state date da tempo. La domanda più importante che gli elettori si porranno il 15 ottobre è se dare ancora fiducia a questo governo. È una domanda molto semplice, alla quale risponderemo insieme il 15 ottobre”.
Decine di organizzazioni hanno indirizzato una lettera alla Commissione elettorale statale, in cui si chiede di includere nelle linee guida indicazioni chiare per le Commissioni elettorali locali al fine di capire come un elettore può andare al voto senza esprimersi sui referendum.
Il quesito che non piace a Bruxelles
“Siete favorevoli all’ammissione di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa nell’ambito del meccanismo di ricollocazione forzata imposto dalla burocrazia europea?”
È questo il quesito proposto dal primo ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, per il referendum popolare da sottoporre agli elettori il 15 ottobre, in concomitanza con le elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale.
Il quesito risulta tendenzioso, stando a un’analisi anche banale, perché non esiste alcun “meccanismo di ricollocazione forzata” nei negoziati in corso tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue, nemmeno nella posizione negoziale concordata dai Ventisette durante la riunione ministeriale dello scorso 8 giugno sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm) e il Regolamento modificato sulle procedure di asilo (Apr). Sul tavolo dei negoziati interistituzionali c’è solo la solidarietà obbligatoria (che prevede la scelta tra l’accoglienza di una quota di persone migranti o un contributo finanziario).
Nonostante la Polonia abbia mostrato particolare solidarietà ai rifugiati fuggiti dall’Ucraina dopo l’inizio dell’invasione russa lo scorso anno, il partito al governo Diritto e giustizia (PiS) di Morawiecki ha continuato ad accentuare la sua posizione restrittiva nei confronti delle persone migranti in arrivo da altri Paesi nel resto del mondo e in vista delle elezioni del 15 ottobre lo usa come cavallo di battaglia.
Nello specifico, la dura opposizione ai negoziati in corso sul Patto migrazione e asilo è legata al contrasto con il principale sfidante politico a Varsavia: Donald Tusk, leader della coalizione di centro-destra Piattaforma Civica dal forte background europeista, in qualità di ex presidente del Partito popolare europeo ed ex presidente del Consiglio Ue tra il 2014 e il 2019.
Scendendo in campo nel luglio del 2021, lo stesso Tusk aveva affermato di essere tornato alla politica nazionale perché “quando vedi il demone, lo combatti” e oggi i sondaggi lo danno a pochi punti percentuali dal PiS.
La Polonia contro la solidarietà Ue
Si rafforza intanto l’asse Ungheria-Polonia contro i tentativi di Bruxelles di arrivare a una gestione della migrazione. I ministri di Budapest e Varsavia sono stati gli unici a votare contro due file sul compromesso per un Patto migrazione e asilo al consiglio Affari interni di giugno. Il voto favorevole dell’Italia è stato invece decisivo per il via libera all’intesa, arrivato dopo un lungo braccio di ferro con la presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Ue per evitare un fallimento dei negoziati.
Il processo negoziale del Patto migrazione e asilo
Il Patto migrazione e asilo è stato presentato dalla Commissione europea il 23 settembre 2020 ma, di fronte alle difficoltà del processo negoziale, nel settembre dello scorso anno si è concordata una tabella di marcia , articolata in nove tappe – nove capitoli negoziali – per adottarlo entro la fine della legislatura (nella primavera del 2024). In fase di negoziati interistituzionali si discute già su quattro capitoli, tra gli altri quello sul regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (dal 13 giugno), sullo screening (25 aprile), sulle procedure di asilo (iniziati il 18 aprile a livello di principi generali e ripresi il 13 giugno).