Etty Hillesum, balsamo di resistenza

Etty Hillesum

Si può nelle situazioni più dolorose, nelle più devastanti, perfino nelle più spaventose, come quella di un lager, conservare e far crescere dentro di sé il nucleo bello della vita, l’amore per gli altri e per Dio?

Sì, si può, ha testimoniato Etty Hillesum, giovane ebrea.

Olandese, nata a Middelburg il 15 gennaio 1914, padre studioso di lingue classiche, madre russa, due fratelli, Etty studia giurisprudenza e lingue slave ad Amsterdam.

Ha una relazione appassionata con due uomini molto più anziani di lei, tra cui il suo terapeuta, Julius Spier. Questi diventa il suo Socrate, l’ “ostetrico” che l’aiuta a far emergere la sua essenza più profonda e a far prevalere, a poco a poco, la dimensione spirituale su quella istintuale. Ha sempre cercato testimoni e maestri, esempi di coerenza morale per la propria crescita interiore.

Su consiglio di Spier, che le fa scoprire la Bibbia (non era osservante), tiene un diario che è arrivato fino a noi. Dall’8 marzo 1941 al 13 ottobre ‘42. Un capolavoro di umanità e spiritualità che racconta mirabilmente l’evoluzione di un’anima dentro una tempesta storica devastante.

Nel maggio del ’40 i tedeschi avevano occupato l’Olanda.

Etty lavora per il Consiglio ebraico, prima come segretaria, poi come assistente sociale volontaria presso il campo di transito di Westerbork, a 180 chilometri da Amsterdam, sul confine tedesco.

Da lì transitarono 100 mila ebrei destinati ai campi di sterminio.

Può salvarsi, ma vuole condividere la sorte degli altri infelici. Accetta questo destino, senza rimanerne schiacciata.

Ora lo so: vogliono il nostro totale annientamento … Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato.

La miseria che regna qui è davvero indescrivibile. Nelle grandi baracche si vive come topi in una fogna.

Forse mi potranno ridurre a pezzi fisicamente, ma di più non mi potranno fare, perché io non mi sento nelle loro grinfie, mi sento soltanto nelle braccia di Dio.

La sua è una resistenza interiore, costruita con una dura lotta, passo dopo passo. Bisogna sempre

tener d’occhio le poche cose grandi che contano.

 

La vita non è mai un tramonto, un precipitare verso l’abisso, ma è sempre un cammino verso un’esistenza più vera e autentica qualunque sia la situazione.

Scrive anche delle lettere. Salvate, stupende.

Nel settembre del ’43, insieme ai genitori e a un fratello, viene deportata ad Auschwitz. Presto saranno uccisi nelle camere a gas.

Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite

le ultime parole del diario.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 28 aprile 2020 e poi nel libro “Testimoni”.

 

Per saperne di più:

  • Etty Hillesum, Diario 1941-1942, Adelphi 2013;
  • Etty Hillesum, Lettere 1941-1943, Adelphi 2013;
  • Miconi, Etty Hillesum. La forma perfetta, Il Margine 2015.