La voce del capo indigeno Raoni Metuktire e del grande fotografo Sebastiäo Salgado si è alzata in questi giorni in difesa dei popoli amazzonici a rischio di sterminio per il coronavirus.
Dell’Amazzonia, Dorothy Stang fu l’intrepida “sorella”.
Quando il 10 dicembre 2004 gli avvocati brasiliani per i diritti umani la premiano con la medaglia Chico Mendes, con cui onorano gli “eroi della lotta a favore della vita e della dignità” nel nome del grande sindacalista e ambientalista assassinato nel 1988, qualcuno si sorprende di quella suora americana di 73 anni.
Ma i brasiliani dell’Amazzonia, che la chiamano Irmä Dorote, la conoscono bene.
Suor Dorothy Stang è da quarant’anni la “sorella intrepida” dei contadini oppressi dell’Amazzonia e della meravigliosa foresta, distrutta da un aggressivo capitalismo locale e internazionale.
Mentre riceve il premio a Belém, capitale dello stato del Parà, ad Anapu, importante città amazzonica dove suor Dorothy vive, politici e proprietari terrieri progettano di eliminarla.
Dorothy nasce a Dayton, nell’Ohio, il 7 giugno 1931 in una numerosa famiglia. Entra nella congregazione delle Suore di Notre Dame di Namur, vuol fare la missionaria.
Arriva nel Nord Est del Brasile nel 1966, a Coroatà, nel Maranhão, mentre soffia il vento giovane del Concilio Vaticano II che l’ha già cambiata negli Stati Uniti.
Un bel pezzo di Chiesa latinoamericana lascia i ricchi e i potenti e si schiera dalla parte dei poveri. Basta con l’uso di Dio e del Vangelo per coprire sfruttamento e ingiustizie.
In Brasile dal 1964 c’è una dittatura militare che durerà un ventennio.
Suor Dorothy si appassiona alla vita delle comunità di base che leggono la Bibbia come parola che illumina e giudica la realtà presente. C’è la miseria più nera tra i contadini, mentre i fazenderos, protetti dal potere politico e giudiziario, li trattano come servi della gleba e cercano di spegnere le proteste con la violenza e l’omicidio.
Molti sindacalisti e anche religiosi vengono assassinati. Anche suor Dorothy è minacciata.
Invece di tirarsi indietro, va più avanti. Si inoltra nella foresta amazzonica dove i poveri sono più minacciati e soli.
La distruzione della foresta cresce sempre più. Ad Abel Figueiredo, dove si stabilisce, sono già scomparsi 16 milioni di ettari di foresta. Con famiglie espulse, diritti calpestati. Quella suora in maglietta e jeans li difende.
Poi è ad Anapu, città di frontiera.
E qui, il 12 febbraio 2005, due uomini armati la fermano e poi la uccidono.
Lei aveva tirato fuori la Bibbia: “Questa è l’unica arma che ho”.
Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 6 maggio 2020 e poi nel libro “Testimoni”.