Mario Luzi, La crocifissione: “Gesù e la terra degli uomini”
“Padre mio,
mi sono affezionato
alla terra quanto non avrei
creduto.”
“Padre mio,
mi sono affezionato
alla terra quanto non avrei
creduto.”
“Quando mi fu proposto di scrivere il testo per le meditazioni della Via Crucis ebbi, superata la sorpresa, un contraccolpo di vero e proprio sgomento. Ero invitato a una prova ardua su un tema sublime. La Passione di Cristo – ce ne può essere uno più elevato?”.
Così scrive Mario Luzi nella premessa alla “Passione” che compose per la Via Crucis al Colosseo del 1999, presieduta da Giovanni Paolo II (poi pubblicata dall’editore Garzanti).
“Avete il novo e ‘l vecchio Testamento, / e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida; / questo vi basti a vostro salvamento.”
Così Beatrice nel quinto canto del “Paradiso”. Ogni riforma nel cristianesimo, e Dante era uno spirito riformatore, è un ritorno all’essenziale. Alla Scrittura. Gli otto anni di pontificato di Francesco sono segnati soprattutto da questo ritorno all’essenziale. Al Vangelo.
“Josef Mayr-Nusser è stato il primo obiettore di coscienza, cattolico, nel nostro Paese … Il suo gesto, come quello di Tommaso Moro, che aveva letto e amava, e come quello di Franz Jägerstätter, rappresenta il riscatto delle paure di tanti cristiani, anche buoni, ma rassegnati di fronte al fascismo e al nazismo.”
Paolo Giuntella
(citato da Francesco Comina in L’uomo che disse no a Hitler. Josef Mayr-Nusser, un eroe solitario, Il Margine 2014, p. 127).
Domenica 27 dicembre 2020 alle 23.50 su Rai Storia (canale 54 del digitale terrestre) va in onda il docufilm “Josef Mayr-Nusser. Testimonianza di fede e di coraggio“.
Vai alla pagina speciale Josef Mayr-Nusser.
Caro Gesù, affrettati. Affrettati. Portaci la tua speranza. L’unica che non delude. Qui ci sono troppi morti, affrettati. Troppi morti.
E poco conforto per i familiari, perché i morti danno fastidio al Trentino cartolina. Il Trentino cartolina ha le sue lugubri esigenze. È più cadaverico dei morti il Trentino cartolina.
I preti di strada sono gli ultimi rivoluzionari rimasti.
E don Roberto Malgesini, 51 anni, ucciso martedì a Como da una persona povera e fragile che lui aiutava, era un vero rivoluzionario.
Con il cuore, il coraggio, l’intelligenza, ma anche con la testa spaccata dalle manganellate della polizia John Lewis ha cambiato l’America. Che oggi, dopo sette giorni di solenni onoranze, lo saluta per l’ultima volta e lo affida alla terra di Atlanta, capitale della Georgia.
“I care”: me ne importa, mi sta a cuore, mi impegno.
Questo motto di don Lorenzo Milani, secco, risoluto, potente è il simbolo della sua testimonianza di educatore rivoluzionario che continua a spingere tanti a cambiare se stessi e la realtà.
Don Milani si faceva amici e nemici ovunque.
Aveva lasciato la politica nel ’51, a 38 anni, Giuseppe Dossetti, dopo esserne stato un protagonista, nella Costituente e nella Ricostruzione.
Si era fatto monaco.
Ma tornò in campo nel 1994 per spendere le sue ultime energie in difesa della Costituzione.
Stupiva e scandalizzava quella donna italiana tra i musulmani nel deserto del Kenya, sola, non sposata, non appartenente a una congregazione religiosa.
Gli ammalati, però, l’amavano e la cercavano.
Annalena Tonelli era l’unica speranza.
Ieri ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, si è ricordato, con cerimonie, discorsi e preghiere, il “Giorno dei martiri”.
Ci riguarda direttamente, ma l’Italia dimentica.
Il 19 febbraio 1937, secondo il calendario etiope Yekatit 12, gli italiani, che avevano invaso il Paese, sanguinosamente conquistato nel maggio dell’anno precedente, diedero inizio alla strage di Addis Abeba.
Siamo sommersi dalla violenza. Ma dalla violenza orgogliosa di se stessa: delle persone normali che odiano e uccidono (e se ne vantano), dei politici che schiacciano i più deboli (e se ne vantano), del sistema economico che umilia la dignità del lavoro (e se ne vanta). Non ci si vergogna ma ci si vanta della violenza che si esercita sugli altri, specialmente sui più deboli. Mai come adesso abbiamo fame di speranza.
Nel paesino austriaco di St Radegund, in Alta Austria, nel distretto di Braunau, domani si ricorderà un grandissimo uomo, il contadino Franz Jägerstätter.
Contro la legge e contro tutti, fece ciò che la sua coscienza gli imponeva: convinto che la guerra nazista fosse incompatibile con il Vangelo, rifiutò l’arruolamento nella Wermacht e il 9 agosto 1943 fu decapitato nel carcere di Berlino Tegel.
Lasciò la moglie, Franziska, e tre figliolette, la più grande di sei anni.
In un paese ricco di rivoluzionari finti o mediocri, don Lorenzo Milani è stato uno dei pochi rivoluzionari veri.
E oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, papa Francesco, a suo modo un rivoluzionario anche lui, si reca sulla sua tomba nel paesino di Barbiana in Toscana a rendergli omaggio. Non è vero che non accade mai niente di nuovo sotto il sole. Accade, accade.
Nell’estate del 2001 i fatti di Genova dimostrarono quanto il culto dell’obbedienza anche di fronte all’ordine disumano fosse ancora ben radicato nel nostro paese.
Quanto poca strada avevamo fatto sul fronte della maturazione delle coscienze, non solo rispetto ai crimini commessi dal nostro esercito durante le guerre coloniali e la seconda guerra mondiale, ma anche rispetto al grande dibattito che a partire dal 1965 aveva accompagnato la Lettera ai cappellani militari toscani e la Lettera ai giudici di don Lorenzo Milani.
Arrivano da noi su pericolanti e mortali barconi, a mani vuote. Ci spaventano perché sono poveri e magari perché sono neri. Abbiamo mai pensato a come invece siamo andati noi da loro? Noi bianchi, noi europei, noi italiani?
Ci siamo andati con le navi negriere, con le cannoniere, imbracciando fucili e mitragliatrici, con i bombardieri.
Vento e neve hanno reso più difficile in queste ore l’evacuazione dei civili rimasti ad Aleppo est, crocifissa da quasi cinque anni di guerra e da sei mesi di assedio feroce. Eppure, dopo tante bombe cadute dal cielo quei fiocchi di neve sembrano portare un messaggio di salvezza a quelle donne, a quei bambini, a quei vecchi affamati e traumatizzati.
È la splendente, maledetta domenica 19 aprile 2015.
Con un sole così, e nel paradiso di Merano, grazioso cestino di boccioli, arrivano come da un lontano inferno le notizie del più orrendo naufragio di migranti finora accaduto nel Mediterraneo.
Ma non è un inferno estraneo a questo paradiso.
“C’era chi picchiava per salvarsi”;
“I passeggeri si scavalcavano tra di loro, urlavano e si strappavano di mano la fune”;
“Tutti si pestavano l’un l’altro per salire sull’elicottero”;
A quest’ora, alle 17, il Punto d’incontro, qui vicino in via Travai, come ben sanno i trentini, chiude, dopo essere stato aperto tutto il giorno per accogliere tra le 150 e le 200 persone senza dimora.
A quest’ora i senza dimora piano piano si incamminano verso il convento dei cappuccini dove saranno accolti per la cena.
“C’è la giovinezza, l’amicizia, l’amore; c’è la fede e c’è la politica; c’è la guerra; c’è la verità, e c’è il coraggio di dirla al mondo; ci sono pensieri grandi, parole grandi, e grandi azioni; c’è la preghiera e c’è la lotta; c’è la battaglia e c’è la nonviolenza; c’è il duello, impari, con il drago; c’è la sconfitta, inevitabile; c’è la morte.”
Cosa dice il nome di Georges Bernanos a molti, oggi? Forse poco, o nulla.
Il grande scrittore cattolico francese, morto sessant’anni fa (il 5 luglio), e dimenticato in questo pur minore anniversario, ha letteralmente infiammato intere generazioni di lettori tra gli anni ’30 e ’60.
La formazione spirituale e politica, il riferimento a Maritain, la partecipazione alla Resistenza, i rapporti con De Gasperi e la Democrazia Cristiana, la Costituente e la Costituzione, i Patti Lateranensi e la loro tutela nella Costituzione con l’art. 7, l’adesione dell’Italia al Patton Atlantico, l’addio alla politica, l’attualità ecclesiale
Tiepida domenica. Il vento gonfia i paramenti sacri del reverendo John Neill, arcivescovo anglicano di Dublino, e dei quattro nuovi pastori, due uomini e due donne, che saranno consacrati fra un po’.
“Se vedi una persona saggia, va’ presto da lei;
il tuo piede logori i gradini della sua porta”
(Siracide 6, 36)
La colonna di sette rossi automezzi incrocia poche macchine in questa grigia domenica di dicembre.
Alle nove di mattina anche in Umbria tanti ancora dormono.
Il dolce paesaggio veste dimesso, ora, ma i tratti eleganti di una indiscutibile nobiltà affiorano dalla nebbiolina coi nomi importanti e cari di città e borgate.
“Tante stelle un unico cielo. La risposta della società e della Chiesa alla paura dello straniero”.
Programma della scuola estiva di formazione politica della Rosa Bianca e del Margine, S. Cosimo alla Macchia, Comune di Oria (Brindisi), 26-30 agosto 2000.
“Spezzare le catene. Anche le nostre”. Relazione introduttiva alla 19^ Scuola di formazione politica della Rosa Bianca, “Spezzare le catene. Immigrati e oppressi provocano l’Europa”, San Cosimo alla Macchia, Oria (Brindisi), 26-29 agosto 1999.
“Dossetti e il dossettismo tra storia e attualità”. Questo il titolo del convegno promosso dalla Facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma nei giorni 3 e 4 giugno 1998 e che ha visto la partecipazione di alcuni dei migliori studiosi di Giuseppe Dossetti e del movimento politico dei cattolici e di alcuni testimoni impegnati a livello ecclesiale, politico, culturale: Pietro Scoppola, Paolo Pombeni, Guido Formigoni, Alberto Melloni, Francesco Malgeri, Mario Tronti, Giuseppe Trotta, Giuseppe Glisenti, Franco Monaco, Fulvio De Giorgi, Armando Oberti, Vincenzo Passerini.
Le relazioni sono state raccolte in un numero monografico della rivista “Humanitas” intitolato “Giuseppe Dossetti ” (Anno LVII, n. 5, settembre-ottobre 2002)
“Nell’anno scolastico 1967-1968 la Lettera a una professoressa irruppe nella nostra classe di seconda superiore come un vento nuovo, fresco e travolgente.
Imparavamo a diventare maestri e quelle parole nuove erano fuoco per noi che avevamo sedici anni”.
La rivista Il Margine, mensile dell’associazione Oscar A. Romero, e l’associazione Rosa Bianca hanno organizzato a Villa S. Ignazio a Trento dal 4 al 5 ottobre 1997 un seminario sul tema “La ‘memoria pericolosa’ di Giuseppe Dossetti” a un anno dalla scomparsa del grande monaco e politico.
Ripercorrendo le tappe della vita e dell’opera di Giuseppe Dossetti viene da chiedersi: è possibile che un uomo abbia potuto fare così tante cose, in ambiti così diversi, sempre ad altissimo livello, sempre con sbalorditiva intensità, ovunque trasformando l’esistente, ovunque lasciando un segno di rara forza e destinato a durare a lungo, ed essere, quest’uomo, ancora così poco conosciuto?
Il 31 dicembre 1985 l’associazione Rosa Bianca incontrò a Bologna don Giuseppe Dossetti.
Un incontro destinato a segnare profondamente l’attività dell’associazione negli anni seguenti.