Archivio dell'area tematica: Mondo

«Fanno il deserto e gli danno il nome di pace»

Vento e neve hanno reso più difficile in queste ore l’evacuazione dei civili rimasti ad Aleppo est, crocifissa da quasi cinque anni di guerra e da sei mesi di assedio feroce. Eppure, dopo tante bombe cadute dal cielo quei fiocchi di neve sembrano portare un messaggio di salvezza a quelle donne, a quei bambini, a quei vecchi affamati e traumatizzati.

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Partono perché vogliono vivere

Perché partono? Perché affrontano questi viaggi pericolosi se sanno di rischiare la vita? Se sanno che magari non saranno accolti neanche bene? È una domanda che tanti si pongono, e che spesso mi pongono. Rispondo con i versi di una canzone.

 

«Vestiti di stracci, in grandi greggi,

noi, carichi di un incredibile dolore,

ci recammo nella terra grande e lontana.

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La solitudine di Omran

Disegno di Giorgio Romagnoni

C’è tutta la solitudine delle vittime nell’immagine di Omran Daqneesh, il bimbo di cinque anni salvato da un bombardamento ad Aleppo e seduto in un’ambulanza, il volto coperto di sangue e polvere, lo sguardo immobile.

È la solitudine del più indifeso degli esseri umani, il bambino, di fronte a qualcosa che può solo subire e non capire.

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L’atlante mondiale delle migrazioni

“Vestiti di stracci in grandi greggi,noi, carichi di un incredibile dolore, ci recammo nella terra grande e lontana. Alcuni di noi affogarono davvero. Alcuni di noi morirono davvero di stenti. Ma per ogni dieci che morirono,un migliaio sopravvisse e tenne duro. Meglio affogare nell’oceano che essere strangolati dalla miseria. Meglio ingannarsi da sé, che essere ingannati dai lupi. Meglio morire a modo nostro che essere peggio delle bestie.”

Sono versi strazianti del Canto degli emigranti.

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Profughi e migranti: le tre grandi questioni

L’esodo drammatico dei profughi e dei migranti che stiamo vivendo da molti mesi, e da molti anni, con intensità crescente e con conseguenze così tragiche da scuotere anche le coscienze e le istituzioni più fredde se non ostili (come l’immagine atroce del corpicino del bimbo siriano, Aylan, adagiato sulla spiaggia turca), pone alla nostra attenzione almeno tre grandi questioni: la questione umanitaria; la questione demografica, che comincia a farsi largo nel dibattito pubblico; la questione delle guerre e delle ingiustizie internazionali di cui si parla pochissimo, ma che è alla radice dell’imponente fuga di popolazioni.

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I doveri di questa generazione

La spaventosa tragedia della notte fra sabato 18 e domenica 19 aprile che ha visto un barcone con più di settecento (forse novecento) profughi a bordo rovesciarsi tra la Libia e Lampedusa e lasciare infine pochissimi superstiti è l’ultimo e più angosciante capitolo di un dramma che non è solo italiano o europeo.
È un dramma mondiale.
È la grande responsabilità di fronte alla quale è messa la generazione presente.

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“Spezzare le catene. Immigrati e oppressi provocano l’Europa” (Scuola di formazione politica 1999 della Rosa Bianca)

“Spezzare le catene. Anche le nostre”. Relazione introduttiva alla 19^ Scuola di formazione politica della Rosa Bianca, “Spezzare le catene. Immigrati e oppressi provocano l’Europa”, San Cosimo alla Macchia, Oria (Brindisi), 26-29 agosto 1999.

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