Archivio dell'area tematica: Povertà e disuguaglianze

Il mondo povero è giovane

Il mondo ricco è vecchio, il mondo povero è giovane. America del Nord, Europa benestante, Russia, Giappone, ma anche la Cina hanno sempre più anziani e sempre meno bambini. America del Sud, Africa, Asia meridionale, Europa non benestante hanno tanti bambini e tanti giovani, ma anche tanta povertà.

E allora succede quello che è sempre successo nella storia del mondo: le persone si spostano, i poveri vanno nei Paesi più benestanti a cercare futuro e a portare futuro.

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Scandalo disuguaglianze

Che siano senzatetto che non trovano un letto nelle nostre città, che siano profughi fuggiti dalla miseria e dalla guerra, che siano adulti che hanno perso il lavoro, che siano giovani in cerca di lavoro, che siano famiglie in gravi difficoltà, che siano madri o padri soli, che siano studenti privati della possibilità di avanzare negli studi, che siano anziani che faticano a sopravvivere: la questione della crescente povertà è drammaticamente sotto gli occhi di tutti.

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Far sparire i poveri

Come la periferia di Betlemme, allora, anche quella di Trento, oggi, ha tante capanne abitate durante la notte. Sono sotto i ponti, nelle fabbriche abbandonate, nei boschetti, nelle case diroccate. Sono fatte di lamiera, di legno, di teli di plastica, di stracci. Le Marie, i Giuseppe, i poveri Cristi che le abitano sanno che il segreto per farle durare non è la robustezza dei materiali. Quel che conta è che siano nascoste, che non si vedano.

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L’attentato

Nelle stesse ore in cui dei barbari appiccavano il fuoco al portone della casa delle suore Elisabettine di Lavarone, rinomato centro turistico trentino, destinata ad accogliere ventiquattro donne profughe provenienti dalla Nigeria, le Nazioni Unite diffondevano un drammatico appello alla comunità internazionale per salvare la vita di 75 mila bambini che nei prossimi mesi rischiano di morire di fame proprio in Nigeria.

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Partono perché vogliono vivere

Perché partono? Perché affrontano questi viaggi pericolosi se sanno di rischiare la vita? Se sanno che magari non saranno accolti neanche bene? È una domanda che tanti si pongono, e che spesso mi pongono. Rispondo con i versi di una canzone.

 

«Vestiti di stracci, in grandi greggi,

noi, carichi di un incredibile dolore,

ci recammo nella terra grande e lontana.

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La “Settimana dell’accoglienza” e le solitudini

Quando atroci operazioni di guerra in cui tanti innocenti perdono la vita ci vengono sbattute quotidianamente in faccia, come è il caso del calvario infinito di Aleppo, se proprio non siamo diventati dei morti viventi, freddi come il ghiaccio, ci chiediamo cosa dovremmo fare per fermare le atrocità, per aiutare quei poveri esseri umani.

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Cura democratica contro le paure

Non avevamo mai disperato della possibilità  che l’altra Austria ce la potesse fare. L’altra Austria, orfana di rappresentanza politica, alla fine ce l’fatta. È riuscita a sconfiggere il quarantacinquenne estremista verniciato di moderazione Norbert Hofer, un post-nazista che gira con la pistola in tasca, e a mandare alla presidenza della Repubblica un “vecchietto” sempreverde, il settantaduenne economista Alexander Van der Bellen, un democratico figlio di profughi fuggiti dalla dittatura comunista sovietica.

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L’atlante mondiale delle migrazioni

“Vestiti di stracci in grandi greggi,noi, carichi di un incredibile dolore, ci recammo nella terra grande e lontana. Alcuni di noi affogarono davvero. Alcuni di noi morirono davvero di stenti. Ma per ogni dieci che morirono,un migliaio sopravvisse e tenne duro. Meglio affogare nell’oceano che essere strangolati dalla miseria. Meglio ingannarsi da sé, che essere ingannati dai lupi. Meglio morire a modo nostro che essere peggio delle bestie.”

Sono versi strazianti del Canto degli emigranti.

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L’Europa si salva con la giustizia sociale

Un misto di disinformazione e disumanità verniciato di moderazione. Tipico della politica più pericolosa. Norbert Hofer, il candidato dell’estrema destra austriaca che domenica scorsa ha stravinto col 35,1 % il primo turno delle elezioni presidenziali austriache, si rivela ancora una volta per quello che è nelle interviste del giorno dopo. Sorrisi, cortesia, finta ragionevolezza, un crocifisso di legno in una tasca, la pistola nell’altra. Dice che lui è con Dio, il Dio cristiano. Ma il Dio cristiano sarà con lui? Mai una parola di pietà per tutti quegli infelici annegati nel Mediterraneo.

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Judit, Reginette e le altre sorelle

Le 4 suore uccise (Foto di “Avvenire”)

Avevano nomi leggeri, come di danzatrici: Judit, Reginette, Anselm, Marguerite.

Erano suore di Madre Teresa di Calcutta e assistevano disabili e anziani in una casa di cura ad Aden, in Yemen, il Paese più povero del Vicino Oriente.

Il 4 marzo scorso un gruppo terroristico, probabilmente jihadista, irrompe nella casa di cura e le massacra, insieme ad altre dodici persone, dipendenti e collaboratori.

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Le nostre responabilità

I profughi nel mondo sono aumentati in questi anni insieme all’aumento della produzione e del commercio delle armi.

I profughi sono aumentati insieme all’aumento delle disuguaglianze economiche tra popoli ricchi e popoli poveri.

I profughi sono aumentati insieme all’aumento dei disastri ambientali causati dal surriscaldamento del clima e dall’uso dissennato del territorio e delle sue risorse.

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L’anno dei profughi

L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle (2015) ha visto un aggravarsi senza precedenti del dramma dei profughi asiatici e africani che cercano salvezza in Europa. Quanto sul modo di rispondere a questo dramma, davvero epocale, potranno influire le orrende stragi terroristiche, rivendicate dagli estremisti islamici dell’Isis, che venerdì 13 novembre hanno insanguinato Parigi (dopo la strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio), non è dato ancora di sapere.

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Profughi e migranti: le tre grandi questioni

L’esodo drammatico dei profughi e dei migranti che stiamo vivendo da molti mesi, e da molti anni, con intensità crescente e con conseguenze così tragiche da scuotere anche le coscienze e le istituzioni più fredde se non ostili (come l’immagine atroce del corpicino del bimbo siriano, Aylan, adagiato sulla spiaggia turca), pone alla nostra attenzione almeno tre grandi questioni: la questione umanitaria; la questione demografica, che comincia a farsi largo nel dibattito pubblico; la questione delle guerre e delle ingiustizie internazionali di cui si parla pochissimo, ma che è alla radice dell’imponente fuga di popolazioni.

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I doveri di questa generazione

La spaventosa tragedia della notte fra sabato 18 e domenica 19 aprile che ha visto un barcone con più di settecento (forse novecento) profughi a bordo rovesciarsi tra la Libia e Lampedusa e lasciare infine pochissimi superstiti è l’ultimo e più angosciante capitolo di un dramma che non è solo italiano o europeo.
È un dramma mondiale.
È la grande responsabilità di fronte alla quale è messa la generazione presente.

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L’orsa, Anatolie, l’ingiustizia. E lo schiaffo di don Milani

A quest’ora, alle 17, il Punto d’incontro, qui vicino in via Travai, come ben sanno i trentini, chiude, dopo essere stato aperto tutto il giorno per accogliere tra le 150 e le 200 persone senza dimora.

A quest’ora i senza dimora piano piano si incamminano verso il convento dei cappuccini dove saranno accolti per la cena.

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Zimbabwe, la marcia dei volontari. Dall’ospedale di St. Michael alla capitale Harare

La marcia dei volontari è durata due giorni e mezzo. Centoventi i chilometri percorsi a piedi dall’ospedale di St. Michael, nella savana dello Zimbabwe, alla capitale Harare.

A settembre l’inverno finisce e la primavera sprona gli alberi e gli arbusti a buttare foglie di un verde luminoso, quasi irlandese, che sfidano gioiose la lunga siccità.

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Ieri l’Irlanda, oggi l’Africa. Grandi carestie e grandi ingiustizie

Dublino, il “Famine Memorial” in St. Stephen’s Green (commons.wikimedia.org)

Una donna scheletrita, appoggiandosi a un bastone, porge una ciotola a un’altra donna, seduta, sfiancata. Accanto a loro un uomo, ritto sulle punte dei piedi, alza le braccia al cielo, sottili e diritte come frecce, implorando. Un cane è accovacciato, la testa piegata.

Sembra un’immagine del Sudan di questi giorni.

È il monumento bronzeo, realizzato da Edward Delaney, che si può vedere in St. Stephen’s Green, il parco principale di Dublino, dedicato alla grande carestia, la Great Famine, che tra il 1845 e il 1850 provocò in Irlanda un milione di morti, forse un milione e mezzo.

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La vita che non si arrende. L’ospedale di Saint Michael in Zimbabwe

L’ospedale di St. Michael. (Foto Vincenzo Passerini)

L’ospedale della missione cattolica di Saint Michael, nel cuore della savana, dista due ore e mezzo di strada da Harare, capitale dello Zimbabwe, lo Stato che fu la colonialista Rhodesia del Sud.

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La rabbia dei poveri sfida la politica: destra e sinistra pari sono?

Discarica di Korogocho-Nairobi, Kenya. (Foto di Francesco Fantini)

Tendiamo tutti a pensare allo stesso modo?

L’individualismo, sia sul fronte etico sia su quello sociale ed economico, accomuna le diverse culture politiche?

La scuola di formazione 1998 della Rosa Bianca.

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Parole di Fuoco (la Lettera a una professoressa di don Milani e la scuola di Barbiana)

Copertina del libro "Lettera ad una professoressa"

 

“Nell’anno scolastico 1967-1968 la Lettera a una professoressa irruppe nella nostra classe di seconda superiore come un vento nuovo, fresco e travolgente.

Imparavamo a diventare maestri e quelle parole nuove erano fuoco per noi che avevamo sedici anni”.

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Quella folla per don Milani a Trento quindici anni dopo (1983)

Febbraio 1967. Folla imponente alla presentazione di un libro di don MiIani alla “Pro cultura”.

Quaresima 1968. Paolo Sorbi interrompe il padre quaresimalista in Duomo. Il giorno dopo controquaresimale all’aperto con lettura di brani di don Milani, Balducci e altri. Reazioni della folla. Assedio a Sociologia (Piero Agostini, Mara Cagol, Marsilio, 1980, p. 75 e pp. 100-101).

Febbraio 1983. Folla nell’aula magna del Seminario Maggiore e nella sala comunale della Tromba per i tre incontri su don Milani a 15 anni dalla morte (“Don Milani un profeta tradito?”) promossi dall’associazione “Oscar Romero”.

 

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Don Milani quel prete dannato che non si lascia celebrare

Un convegno su don Lorenzo Milani assomiglia un po’ ad una serata di gala in ricordo di san Francesco. Il poverello di Assisi non è forse il santo che è perché ha voluto indicare con un’originale testimonianza una strada da seguire opposta a quella delle serate di gala?

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