Sul presepe, accanto alla capanna dove, privati di ogni altra accoglienza, hanno trovato rifugio Maria, Giuseppe e il Bambino, metteremo quest’anno sette pensieri di altrettanti testimoni e autori, tratti da libri che vale la pena leggere o rileggere. Gli ospiti della capanna, presto perseguitati dal potere e costretti a fuggire dal loro paese, ben comprenderanno.
Cominciamo con un pensiero di Primo Levi, testimone di Auschwitz e grande scrittore. Da mandare a memoria:
A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora al termine della catena sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue estreme conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.
(Dalla prefazione a “Se questo è un uomo”, 1947).
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